Nicola Savino a Verissimo parla per la prima volta del trauma che gli ha condizionato la vita
Nicola Savino ospite di Silvia Toffanin a Verissimo racconta del dito che gli tagliarono quando aveva pochi mesi
Per la prima volta Nicola Savino parla di quando a sette mesi un’infermiera per errore gli tagliò il dito; un trauma che ha segnato la sua vita e che solo a Verissimo è riuscito a tirare fuori. Il conduttore de Le Iene durante l’intervista andata in onda oggi su Canale 5 si è meravigliato della sua stessa confessione. In passato non avrebbe mai immaginato di poter parlare di ciò che agli inizi nascondeva con cura. Nicola Savino per lungo tempo quando appariva in tv ha utilizzato un arto finto; a Verissimo è riuscito a mostrare la mano che prima gli creava un vero complesso. Era piccolissimo quando in ospedale un’infermiera gli tagliò il dito con una forbicina; doveva tagliare la garza ma fece questo terribile errore, con la garza tagliò anche il dito. “Avevo sette mesi, era il luglio del ’68, e invece di prendere peso lo perdevo. Così mi ricoverarono in ospedale” racconta Savino a Silvia Toffanin che resta incredula dinanzi alle sue parole.
“Nel cambiare la flebo, con una forbicina, invece di tagliare solo la garza l’infermiera mi tagliò anche il dito. Cercarono di riattaccarmelo ma non ci riuscirono”. Paragonando questo ad altri problemi ben più gravi ci sembra cosa di ben poco conto ma è evidente che per lo speaker sia stato fonte di grande disagio: “Per me è stato un complesso per i primi anni di tv, non mi sarei mai sognato di parlarne o di fare vedere la mia mano, tanto che i primi tempi mettevo un arto finto”.
Cecilia Rodriguez ospite a Verissimo racconta di Francesco Monte
“Io non so perché sto raccontando tutte queste forse mi avete ipnotizzato” ha poi aggiunto meravigliandosi di come dopo averlo nascosto per tanto tempo adesso ne parla confidando tutto. Da poco Nicola Savino ha compiuto 50 anni e nella sua intervista non può mancare il suo grande amore, la radio. Aveva 16 anni quando ha capito che sarebbe stata questa la sua vita e ancora oggi si chiese come sia possibile che esista un lavoro per cui lo pagano per ascoltare musica