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Alessandro Basciano racconta l’incubo del carcere e chi c’era con lui nelle celle

Alessandro Basciano racconta il momento dell'arresto, le 48 ore in carcere, come si è sentito quando ha scoperto chi erano le persone insieme a lui nelle celle

basciano carcere

Alessandro Basciano ha raccontato delle 48 ore passate in carcere, di un vero incubo per lui, di come si è ritrovato da uomo libero a compagno di sbarre di persone ben lontane da lui.

L’ha raccontato nel programma Iceberg in onda su TeleLombardia, ha ricordato il momento in cui è stato arrestato, cosa gli hanno detto e come si è ritrovato in breve tempo a San Vittore. Non entriamo in un caso che è molto delicato, c’è chi si occupa di fare giustizia. Riportiamo ciò che Alessandro Basciano ha confidato solo riguardo se stesso, quanto possa essere terribile andare in carcere anche solo per brevissimo tempo, senza libertà, con la paura che non esiste un futuro.

Alessandro Basciano l’arresto e il carcere

“Un incubo” ma è facile immaginare che sia stato proprio questo, un incubo, lo sarebbe per chiunque. Ritornava da un allenamento in palestra, era sereno, non avrebbe mai immaginato niente del genere. “Arriva sotto casa una macchina dei carabinieri che mi ha chiesto di salire in casa per notificarmi un atto e poi mi hanno messo a sedere. Mi hanno detto: ‘Alessandro, ci dispiace, però questo non è un atto, è un mandato di arresto’”.

In quel momento non ha realizzato tutto, ha chiesto ai carabinieri, ha detto loro che doveva finire di pubblicare un suo lavoro su Instagram, non riusciva a capire. “Insomma, gli ho detto: ‘Non è vero, non è possibile’”. Invece, si è ritrovato dopo poco in cella, lì ha scoperto chi era gli altri con cui doveva condividere lo spazio in carcere e i loro reati.

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“Mi sono ritrovato a San Vittore. Sono state 48 ore da incubo. Io le ho chiamate le porte dell’inferno. Una volta che ti chiudono la porta alle spalle tu entri in una dimensione che non sai più quello che ti può succedere. E vieni anche a livello proprio personale, tra virgolette, umiliato”.

Si è sentito impotente davanti a tutto e tutti. Di fronte alla sua cella c’erano due pedofili, accanto c’era chi aveva ucciso. Confida che è rimasto bloccato: “Da quando ho saputo che di fronte a me alla cella c’erano due pedofili, quando di fianco a me c’era chi realmente ha fatto un femminicidio, sono rimasto talmente bloccato che ad oggi tutto quello che mi circonda non mi fa né caldo né freddo. Io non rido, non piango, non faccio più niente”.

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