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Scoperta super stella Vfts 682, è 150 volte più grande del sole

  Una sensazionale scoperta, diffusa dopo un anno di osservazione, è stata comunicata oggi dall’Armagh Obeservatory (Gb) e dal  Royal Observatory di Edimburgo: individuata una superstella 150 volte più grande del Sole, in una galassia vicina alla via lattea, chiamata Grande Nube di Magellano. Il suo nome scientifico è Vfts 682 ed è una delle […]

 

Una sensazionale scoperta, diffusa dopo un anno di osservazione, è stata comunicata oggi dall’Armagh Obeservatory (Gb) e dal  Royal Observatory di Edimburgo: individuata una superstella 150 volte più grande del Sole, in una galassia vicina alla via lattea, chiamata Grande Nube di Magellano.

Il suo nome scientifico è Vfts 682 ed è una delle stelle più grandi scoperte fino ad oggi dall’uomo.

Tuttavia, la sua caratteristica principale sarebbe che è una stella ‘solitaria’: non fa parte di alcun agglomerato di stelle.  A diffondere la notizia sono gli astronomi dell’Armagh Obeservatory (Gb), del Royal Observatory di Edimburgo, insieme a colleghi di altri Paesi europei, sulla rivista ‘Astronomy & Astrophysics’.

Quando è stata notata per la prima volta, circa un anno fa, la super stella Vfts 682 non sembrava così grande: la squadra di esperti ha ora dimostrato che una gran parte della sua luce viene assorbita e diffusa dalla polvere nel suo cammino verso la Terra e che la stella è in realtà molto più luminosa di quanto si pensasse, e quindi molto più massiccia.

Fino a oggi, gli astronomi erano sicuri del fatto che stelle di tali dimensioni (fino a 300 volte la massa del Sole) potessero esistere solo al centro di ammassi di stelle molto densi. I membri del team sono stati quindi molto sorpresi quando hanno capito che Vfts 682 è lontana da qualsiasi ammasso stellare. Tuttavia, si trova vicino al cluster R136, molto ricco stelle e dove ne sorgono di enormi molto simili alla nuova scoperta.

Ci sono poi altri pianeti che vagano solitari per lo spazio senza far parte di nessun sistema planetario. Secondo uno studio condotto dai due gruppi di ricerca Microlensing Observations in Astrophysics (MOA) e Optical Gravitational Lensing Experiment (OGLE), il loro numero sarebbe il doppio di quello delle stelle più comuni.

Questi però, sono oggetti che non emettono luce, e si possono identificare solo attraverso i loro effetti gravitazionali, con una tecnica chiamata gravitational microlensing: vengono misurate le differenze di luminosità di una stella lontana di riferimento quando la presenza di un altro oggetto piega e amplifica la luce che ci arriva dalla stella, come conseguenza degli effetti gravitazionali della massa dell’oggetto sulla luce stessa.

Nella Galassia, gli scienziati hanno scoperto almeno 10 pianeti solitari, con una massa simile a quella di Giove, non legati a nessuna stella.

Sulla base dei primi 10 scoperti, gli esperti hanno potuto dedurre che questi corpi potrebbero essere oltre 400 milioni, molti di più delle stelle normali che, come il Sole, sono nella fase centrale della loro vita e producono energia bruciando l’idrogeno.

L’esistenza di questi pianeti solitari era stata prevista dalla teoria della formazione dei sistemi planetari, ma nessuno si aspettava che fossero così tanti. Probabilmente, continuano gli autori della scoperta, la loro origine è diversa da quella di altri oggetti solitari, come le nane brune, stelle troppo piccole per poter innescare le reazioni termonucleari e quindi non luminose: è possibile che si siano formati all’interno di un disco protoplanetario, quella nube di gas, polveri e detriti rocciosi che rimane attorno a una stella appena nata e dalla quale si condensano le masse dei pianeti. Poi sarebbero stati scagliati lontano in orbite distanti e si sarebbero sempre più allontanati dalla zona di orgine, seguendo dei percorsi determinati dall’influsso gravitazionale di quella o quell’altra stella.

Un’altra ricerca, ancora non pubblicata, sostiene che sebbene questi pianeti solitari pur essendo lontani da ogni fonte di calore, potrebbero conservare acqua liquida, nel caso avessero un’atmosfera capace di isolarli dal gelo interstellare, sotto strati di ghiaccio e di vapori congelati. Non si potrebbe quindi escludere la possibilità che ospitino forme di vita.

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