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Umorismo secondo Wladimir Propp

Ridere è un’attività tipica dell’essere umano che riveste una grande importanza a livello sociale, nonché ovviamente psicologico. Il riso è un elemento complesso, analizzato da tantissimi studiosi appartenenti ai più svariati campi del sapere (scientifico e umanistico) e dell’arte. Proprio per la sua complessità, è evidente che non esiste un solo tipo di riso, ma […]

umorismoRidere è un’attività tipica dell’essere umano che riveste una grande importanza a livello sociale, nonché ovviamente psicologico. Il riso è un elemento complesso, analizzato da tantissimi studiosi appartenenti ai più svariati campi del sapere (scientifico e umanistico) e dell’arte. Proprio per la sua complessità, è evidente che non esiste un solo tipo di riso, ma innumerevoli. Lo studioso di tradizioni popolari Wladimir Propp, rifacendosi allo storico della commedia cinematografica Jurenev, ne elenca addirittura una quarantina.

Il riso può dunque essere: gioioso; triste; buono; indignato; intelligente; sciocco; superbo; cordiale; condiscendente; insinuante; sprezzante; sgomento; offensivo; incoraggiante; sfacciato; timido; amichevole; ostile; ironico; sincero; sarcastico; ingenuo; tenero; rozzo; significativo; gratuito; trionfante; giustificatorio; spudorato; imbarazzato; allegro; malinconico; nervoso; isterico; beffardo; fisiologico; animalesco; tetro.

Si tratta di un elenco lunghissimo ma che, se raffrontato alla realtà delle situazioni comiche, risulta assolutamente verificabile. Non esiste un solo modo di ridere, un solo motivo per ridere, una sola situazione in cui si ride. I diversi tipi di riso sono legati alla diversità stessa delle persone che ridono e alle innumerevoli possibilità offerte dai contesti.

Propp è critico verso Bergson, in quanto quest’ultimo ritiene che il riso nasca quasi con l’esattezza di una legge di natura. “Può darsi la causa del riso eppure ci possono essere persone che non ridono e che è impossibile far ridere. La difficoltà sta nel fatto che il nesso tra oggetto comico e uomo che ride non è scontato né automatico. Là dove uno ride un altro non ride”.

In sintesi: un evento che fa ridere una persona, può non fare ridere un’altra e, anzi, può suscitare sentimenti totalmente opposti.  Se per esempio in una classe un ragazzo viene preso in giro dai compagni per come è vestito, questi ultimi rideranno, mentre lui sarà mortificato. C’è da sperare, inoltre, che l’insegnante di turno non riderà anch’esso, ma prenderà le difese dell’alunno deriso.

Secondo Propp esistono persone naturalmente propense al riso e altre, invece, assolutamente non disposte. Per lo studioso sovietico, i giovani sono più propensi allo scherzo rispetto agli anziani. La condizioni economiche e sociali, invece, non inciderebbero sulla capacità di far ridere.

Propp racconta di un artista, Ivan Federovic, che, nella Mosca degli anni Cinquanta dello scorso secolo, era in grado di fare divertire i passanti in ogni momento grazie alle sue acute battute e alle sue imitazioni. La presenza di vena umoristica è per il filologo sovietico segno di “naturale talento”.

Quindi, se la capacità di ridere e far ridere sarebbe segno di gioia di vivere e ingegno, all’opposto, l’incapacità di farlo potrebbe essere sintomatica di ottusità e insensibilità.

Umorismo e autorità

Secondo Propp, la vena umoristica è particolarmente importante per coloro che svolgono una professione che dà autorità (politici, giudici, medici, educatori…). “Agli insegnanti incapaci di capire e di individuare il buon riso dei giovani, che non intendono gli scherzi, che non sanno mai sorridere o farsi una risata, converrebbe raccomandare di cambiare professione”.

Senza dubbio la capacità di mostrarsi sorridenti e fare ridere ha grande importanza per gli uomini politici. In pochi, però, sembrano interessanti a sfruttare questo, che può essere fattore di consenso.

L’attuale Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ad esempio, ha basato la sua forza politica anche sulle modalità di comunicazione pubblica. Spesso, durante convegni e incontri politici, racconta barzellette e aneddoti divertenti, oppure compie dei gesti buffi e assolutamente insoliti per un uomo di governo.

Chi non ricorda di quando Berlusconi si è fatto fotografare mentre faceva le corna assieme a dei ragazzi del servizio civile? Quando il Presidente del Consiglio rischiava di essere travolto dallo scandalo escort, lui ne uscì con una battuta: “Non sono un santo”. In un’altra occasione, durante un dibattito televisivo, Berlusconi, criticato aspramente da un esponente dell’opposizione, Rosy Bindi, si difese con un motto di spirito che Freud definirebbe “ostile”: “Lei è più bella che intelligente”.

In questa sede non ci interessa stabilire se certe affermazioni e certi comportamenti pubblici siano o meno consoni a un uomo politico. Giornalisti e cittadini sono molto divisi sulla questione e non ci sembra proprio il caso di esaminare ogni singola battuta. Non è questo il punto. Il fatto che ci interessa sottolineare è che una parte del consenso di cui gode Berlusconi è dovuta al suo modo di comunicare, dunque alle sue battute. Certo, misurare l’impatto dell’umorismo sul consenso politico è praticamente impossibile. Ed è certamente vero che non bisogna per forza avere senso dell’umorismo per diventare capo del governo. Basti pensare che il Presidente del Consiglio che ha preceduto Berlusconi, cioè Prodi, quasi mai ricorreva a battute, eppure è riuscito a diventare Primo Ministro per ben due volte. Insomma, in politica non si vince necessariamente grazie alle battute, ma è vero anche che le battute non sono neutrali, ma hanno un impatto sull’opinione pubblica, seppur difficile da quantificare.

Il senso dell’umorismo, in politica, può contribuire a farsi apprezzare dalla gente e non parliamo necessariamente in termini di riscontri elettorali (dove entrano in gioco tantissimi altri fattori). Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è tra i leader politici più amati in tutto il mondo, proprio per la sua capacità di comunicare sfruttando l’umorismo. Le immagini di Obama che uccideva un insetto mentre era intervistato in tv, hanno fatto il giro del pianeta e lo hanno certamente reso più simpatico di quanto già non risultasse.

1 response to “Umorismo secondo Wladimir Propp

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