L’influenza della tv e le false testimonianze sul caso Denise Pipitone: le accuse della procura di Marsala
Per la procura di Marsala non ci sono dubbi: nella vicenda legata alla scomparsa di Denise Pipitone, i media hanno avuto un ruolo deleterio, creando un circo mediatico intorno alla vicenda
Tutto è ricominciato pochi mesi fa, ad aprile, quando dalla Russia è arrivata la storia di Olesya Rostova, una ragazza che cercava la sua mamma biologica e che forse mai avrebbe pensato di diventare anche l’ossessione di migliaia di persone che hanno deciso che fosse Denise Pipitone, prima ancora che la scienza e la genetica, potessero dare le risposte del caso. Da quel momento, quello che la procura di Marsala definisce il “circo mediatico” è ricominciato. Tutti in Italia e non solo, hanno avuto qualcosa da dire sulla scomparsa di Denise Pipitone. Tutti sapevano qualcosa, tutti hanno indagato, tanti hanno anche testimoniato. Una pressione mediatica che, a detta della procura, non ha portato a nulla. Ha solo generato false piste, falsi testimoni, accuse contro persone che alla fine, sono state “scagionate”. Una pressione mediatica così forte, che persino una donna che non aveva nulla a che fare con Denise e che a Mazara non c’era mai stata, ha testimoniato, inventando di aver visto Denise nell’hotel il giorno della scomparsa, insieme ad Anna Corona. E quando gli inquirenti le hanno chiesto il perchè di tutto questo, non ha saputo cosa rispondere. Eppure ha saputo fare delle accuse molto pesanti ad Anna Corona “il mostro” di questa situazione.
Un’altra donna, ha detto di aver ricevuto delle confessioni dalla Corona, che forse brilla, dopo qualche bicchiere di troppo, le avrebbe fatto capire che la bambina era morta. Due piste che non hanno portato a nulla, alle quali si aggiunge anche una terza, quella di chi ha segnalato qualcosa di strano nella casa della Corona, dei lavori fatti su una parete, come se ci fosse qualcosa da nascondere. Non c’era nulla, nè una parete modificata, nè il cadavere di Denise.
E’ l’errore che spesso si fa: credersi giudici, credersi capaci di capire meglio di chi ha indagato, di chi ha le intercettazioni in mano. E se è vero che spesso programmi televisivi e inchieste giornalistiche sono di prezioso aiuto a chi porta avanti le indagini, è anche vero che i telespettatori si lasciano spesso coinvolgere troppo. Emettono sentenze, creano gruppi di indagine sui social, coinvolgono persone che nulla hanno a che fare con le vicende. E vanno oltre, come in questo caso.
L’influenza dei media è a tale punto che essi non si limitano a raccontare gli eventi piuttosto, spesso, in una gara a chi arriva prima tra diverse testate giornalistiche, a provocarli. E tali eventi hanno pure una sgradevole referenza sulle indagini in corso.
Caso Denise Pipitone verso la chiusura delle indagini
Ed è chiaro che di fronte a queste parole della procura di Marsala, dei PM, non si possa pensare che a una chiusura di queste indagini. Una mole di lavoro che non ha portato a nulla, perchè dal nulla sono partite segnalazioni che si sono dimostrate un vero e proprio buco nell’acqua. Servono prove concrete per dimostrare la colpevolezza delle persone che potrebbero essere o meno coinvolte in questa storia. Servono fatti. E a oggi, non c’è nulla di diverso. Come ha chiesto più volte Piera Maggio, chi sa deve parlare. Ma non inventare.
L’amara conclusione di PM, forse la più realistica:
Allo stato non sembrano percorribili utili spazi investigativi oltre alla notevole mole degli accertamenti disposti da aprile ad oggi. Soltanto se e quando chi ha commesso l’inumana azione di privare della libertà e dell’affetto dei suoi cari una bambina di quattro anni (ovvero chi di tale gesto è stato effettivo testimone) deciderà di rivolgersi alla procura della Repubblica o ad una forza di polizia, potrà questa vicenda trovare un colpevole che, allo stato, purtroppo non è possibile individuare.