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Davide Astori poteva salvarsi? Il calciatore non morì nel sonno

Davide Astori poteva salvarsi? Il calciatore non morì nel sonno. Le ultime notizie dopo la perizia dettagliata

Non è mai facile raccontare queste storie, si riapre una ferita per tutti, soprattutto per le famiglie. Purtroppo però la cronaca impone di dover raccontare i fatti e la storia di Davide Astori è una storia che ha travolto migliaia di persone. Un grande dolore per tutta la sua famiglia ma anche per i tanti tifosi che avevano Davide nel cuore e la ricerca della verità che diventa necessaria. Proprio per questo motivo gli esami sono andati avanti e oggi emerge una nuova verità: pare che il calciatore non sia morto nel sonno. Poteva salvarsi? Si poteva fare qualcosa per lui se solo qualcuno si fosse accorto di qualcosa o se il calciatore fosse riuscito a mettersi in contatto con qualcuno? La risposta purtroppo arriva dai dottori, dagli esperti e fa male. 

LA MORTE DI DAVIDE ASTORI: IL CALCIATORE NON E’ MORTO NEL SONNO, POTEVA ESSERE SALVATO?

Il Corriere della Sera ha pubblicato i risultati della perizia medico-legale svolta sul corpo dell’ex capitano della Fiorentina deceduto a 31 anni il 4 marzo scorso. L’elaborato adesso in mani alla Procura ribalta completamente la tesi sostenuta finora: ovvero che il cuore avesse smesso di battere lentamente per bradiartimia provocando il decesso dell’atleta. I due medici legali che si sono occupati del caso, Carlo Moreschi e Gaetano Thiene, ritengono che Astori sia morto invece per tachiaritmia: un’improvvisa accelerazione della frequenza cardiaca, con il cuore che ha iniziato a pulsare così forte fino a collassare. La conseguenza logica di questi dati è solo una: se quella sera nella camera di albergo Davide non fosse stato da solo, forse si sarebbe salvato. Se qualcuno avesse chiamato al suo posto i soccorsi, forse Davide oggi potrebbe ancora scendere in campo con la fascia di capitano.

E’ doloroso, è angosciante sapere quello che è successo ma è anche necessario capire, per avere delle risposte. E pensare che pochi  minuti prima il calciatore era in compagnia di un suo compagno, con il quale stava giocando alla Play Station. Il destino purtroppo è beffardo e non si può riscrivere la storia con i se e con i ma, purtroppo. 

 



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