Siria: la verità oltre la cortina delle menzogne. Intervista alla presidente di Sol.Id.
UltimeNotizieFlash ha incontrato la presidente dell’Associazione Sol.Id. per cercare di fare il punto sulla situazione in Siria. Quello che ne è uscito è un quadro ben diverso da quello che per lungo tempo è stato raccontato dai media.
Abbiamo deciso di intervistare la presidente dell’Associazione Sol.Id., Ada Oppedisano, per poter dare ai nostri lettori e alle nostre lettrici un punto di vista sulla Siria che non sia basato su astrazioni che sembrano essere il frutto di veline preparate ad hoc, ma sia invece il più attinente possibile alla realtà. L’obiettivo non è quello di convincere ma unicamente di contribuire a fare chiarezza.
La Siria è dilaniata da una guerra sostenuta e incentivata dall’esterno che ha demolito le basi stesse della società devastando intere aree. Quella che doveva essere la primavera siriana, in scia a tutte le altre primavere che hanno fatto calare il rigido inverso sul mediterraneo, si è trasformata in uno scontro senza quartiere. Quello che doveva essere (e che per la propaganda occidentale è) un feroce dittatore da spezzare via, Bashar Al Assad, si è rivelato un uomo capace di mobilitare migliaia e migliaia di suoi connazionali che in lui vedono una guida. In ultimo, quelli che dovevano essere i ribelli si sono rivelati dei terroristi, molto spesso stranieri, capaci di compiere massacri di ogni tipo.
Il quadro geopolitico siriano è oggi decisamente complesso ma la nostra redazione piuttosto che avventurarsi in una spiegazione di quello che politicamente e militarmente sta avvenendo in Siria, ha ritenuto opportuno affrontare l’argomento dal un altro punto di vista che raramente ha trovato posto sui media: quello della società. Chi sono e chi erano gli uomini e le donne di Siria? Riteniamo che chiarire questo aspetto significa dare un contributo non indifferente alla comprensione di quello che sta avvenendo in una nazione, un tempo esempio di sviluppo e pacifica convivenza tra etnie e religioni diverse. Un paese, anzi una Patria perché paese è uno di quei termini che solo dove non c’è più sovranità viene utilizzato, incastonato tra Stati guidati da monarchie assolute, profondamente oscurantisti e dove le donne non hanno alcun diritto come è il caso dell’Arabia Saudita.
Ciao Ada e grazie per aver accettato il nostro invito. Puoi dirci cosa è Sol.Id. e in che ambiti opera?
Sol.Id. è una onlus che si occupa di volontariato internazionale, attiva da anni nei territori più diversi come Siria, Sud Africa, Kenya, Crimea, Palestina e Birmania. La nostra missione è quella di supportare e accorrere in aiuto di quelle popolazioni che sono in lotta per la propria indipendenza e sovranità. Cerchiamo di portare aiuti concreti nelle nostre zone d’azione senza cadere nell’errore dell’assistenzialismo e senza voler suscitare la pietà dei nostri interlocutori. Entriamo in azione in territori abitati da popoli orgogliosi che hanno deciso di non scappare da conflitti e di combattere per il proprio suolo natio. Non hanno bisogno della pietà occidentale, ma di aiuti reali che possano portare un contributo nel miglioramento delle proprie vite.
Sei di ritorno a una missione di Sol.Id. in Siria. Puoi dire ai nostri lettori e alle nostre lettrici quale è la situazione nelle aree che avete visitato e quale è lo stato d’animo delle persone che avete incontrato?
La situazione in Siria ad oggi è sempre molto tesa, dal mio punto di vista raccontare delle bugie dorate è sempre controproducente. E’ una terra che sta lottando contro il terrorismo internazionale di matrice fondamentalista, i soldati che si incontrano per le strade hanno i volti provati da chissà quali esperienze di vita militare difficilmente comprensibili a noi che li guardiamo dall’esterno; la popolazione vive sotto la costante minaccia di attacchi per mezzo di mortai, bombe, rpg e altri ordigni. Però c’è da dire che la fierezza riscontrata nei caratteri sia di militari sia di civili è un qualcosa che sicuramente a noi manca: non un lamento, non un pianto, non un momento di incertezza quando si parla di Siria; i militari alzano sempre il braccio in segno di vittoria per salutarci; i giovani ci parlano di un futuro in questa terra, dove hanno l’intenzione di far crescere i loro figli e di far prosperare le loro famiglie; i bambini nei campi profughi interni del paese ci accolgono lanciando cori di supporto al governo, alla nazione e al proprio Dio (che sia esso cristiano o musulmano poco importa) -“Allah, Syria, Bashar w bas”; i più anziani ci incitano a tornare nelle nostre case e a raccontare la verità su quello che sta accadendo in Siria. Questo è un popolo di leoni.
La prima versione dei fatti che i media italiani hanno dato della Siria era essenzialmente questa: un popolo si è ribellato contro il dittatore sanguinario Assad che non ha esitato a far sparare e torturare la sua stessa gente. I media italiani, tranne poche lodevoli eccezioni, sono rimasti sempre a quello che affermavano 4 anni. Essendo stata sul campo ci puoi che idea ti sei fatta su quello che successe 4 anni fa?
I media italiani si ostinano a considerare questa guerra come un conflitto civile. Non è affatto così. La Siria prima della guerra era un paese in cui convivevano nel pieno rispetto reciproco moltissime etnie e differenti culti religiosi, in piena pace, senza alcun odio e accanimento per le differenze, considerate, anzi, una ricchezza patrimoniale inestimabile. Basti pensare al fatto che il partito che guida il paese non ha una matrice religiosa che coincide con quella della maggioranza della popolazione. Il conflitto nasce sulla scia di quelle che sono state definite “primavere arabe”, guidate da sparuti gruppi di opposizione che sono in seguito diventati ISIS e fronte Al-Nusra (i cosiddetti “ribelli moderati”, prezzolati dagli Stati Uniti, che di moderato hanno ben poco) grazie all’ausilio economico e militare dei paesi sunniti del Golfo. A gonfiare le fila di un’opposizione debole hanno provveduto i dollari, in uno degli ultimi paesi del Medio Oriente guidati da un governo “scomodo” e non allineato ai dettami economici e geostrategici dell’area. Quell’opposizione “democratica, ribelle” è ora quello spauracchio nero che tinge di buio le nostre serate di fronte alla televisione mentre guardiamo i telegiornali: i tagliagole, i rapitori delle ingenue Greta e Vanessa, che hanno creduto nell’abbaglio mediatico di un’opposizione moderata e ribelle, i distruttori della millenaria Palmira. Questo è quello che noi affermiamo da 4 anni a questa parte, con o senza i riflettori mediatici puntati contro.
Puoi dirci quale era nello Stato siriano il ruolo della donna e come vivono oggi quelle donne che abitano nelle aree controllate dal governo?
Il ruolo della donna in Siria è lo stesso di quello di ogni paese laico e moderno. Ogni donna sceglie il proprio credo religioso, esternandolo o meno attraverso la scelta del velo, dei boccoli o dei capelli tinti. Le personalità politiche femminili sono molte (per esempio la carismatica first lady siriana, il ministro delle politiche sociali Kinda Al Shamath, ecc) e le ragazze hanno la possibilità di studiare e prendere la patente. Per le donne siriane sarà così finchè resisterà in carica il legittimo governo di Assad. Dovreste provare a fare la stessa domanda a qualche “ribelle moderato”.
Migliaia di scuole in tutta la Siria sono state distrutte o sono diventate basi in mano alle varie formazioni di rivoltosi. La distruzione della scuola è la morte di un simbolo. Uno dei vanti della Siria guidata da Assad era appunto l’istruzione. Sappiamo che durante la missione di Sol.Id. in Siria avete incontrato delegazioni studentesche. Ci puoi dire come è organizzato il sistema educativo in Siria?
A Damasco siamo stati ospitati dell’associazione di giovani “Step for Syria” che ha organizzato un interessantissimo congresso dal titolo “International Conference for Youth in Syria”. Durante questi incontri abbiamo avuto modo di confrontarci sul sistema scolastico nei nostri paesi. In Siria le scuole sono laiche, gratuite e pubbliche, così come le università. Gli studenti non devono preoccuparsi di spendere un patrimonio in libri di testo perché questi vengono forniti dal governo e ogni scuola è dotata di strumenti informatici all’avanguardia. La meritocrazia è il principio ispiratore del sistema scolastico: solo i più meritevoli possono avere accesso alle università e una volta superati i tre anni fuori corso si è costretti ad abbandonare gli studi (se il ritardo non è motivato validamente). Dovremmo prendere esempio dal sistema di istruzione siriano, dove ogni studente è lieto di poter mettere le proprie capacità e la propria intelligenza al servizio della nazione.
Un’ultima domanda più personale: puoi spiegarci cosa spinge una ragazza di 27 anni ad andare in Siria, un paese che viene considerato come una sorta di inferno in terra?
La ricerca della verità e l’aiuto concreto a un popolo che combatte per la propria terra sono spinte che fanno superare il timore di qualsiasi inferno in terra. A 27 anni non si ha il diritto ad avere paura.
Grazie Ada a nome di tutta la redazione di questo blog.