Siria, morti in 72 tra bambini e ragazzi
Gravi sono le accuse che i Comitati di coordinamento locali in Siria, hanno fatto contro il regime siriano. Gli attivisti hanno pubblicato i nomi e cognomi di 72 bimbi e ragazzi uccisi durante i due mesi di protesta in suolo siriano. Nomi e cognomi, rigorosamente in arabo, di giovani innocenti. I più piccoli avevano 10 […]
Gravi sono le accuse che i Comitati di coordinamento locali in Siria, hanno fatto contro il regime siriano. Gli attivisti hanno pubblicato i nomi e cognomi di 72 bimbi e ragazzi uccisi durante i due mesi di protesta in suolo siriano. Nomi e cognomi, rigorosamente in arabo, di giovani innocenti. I più piccoli avevano 10 anni, i più grandi tra i 16 e i 17. E le repressioni continuano, nonostante le rassicurazioni del governo di Assad che solo pochi giorni fa, aveva anche emanato un’amnistia per tutti i partecipanti alle proteste e per chi era stato arrestato.
Molti dei prigionieri sono stati liberati, ma la protesta non si ferma. Il popolo vuole che il presidente Assad lasci il potere e che siano indette libere elezioni e, soprattutto, vuole che finisca il potere del partito del presidente.
Richieste che vanno avanti da oltre due mesi, mentre tutti gli altri stati europei e mondiali, non riescono a mettersi d’accordo. La Nato prova a far approvare delle risoluzioni internazionali, ma al fianco della Siria si sono schierati la Russia e la Cina che impongono il veto su qualsiasi nuova o più dura risoluzione che tocchi Assad e il suo paese.
Ci si chiede che cosa c’è di diverso tra la rivolta libica e quella siriana, quali interessi hanno spinto la Nato e tutti i paesi membri ad intervenire nella lotta interna della Libia e quali mancano agli attivisti siriani per non riuscire ad ottenere nemmeno un vero e proprio embargo per la dura repressione che il popolo sta subendo. Eppure i manifestanti siriani scendono in piazza senza armi, vengono arrestati e imprigionati, muoiono sparati dalla polizia, vengono affrontati con i carri armati e loro, nonostante la dura repressione, continuano a manifestare e a richiedere più diritti.
Teresa Corrado