Libia, l’Italia appoggia l’esilio di Gheddafi
Si cerca una soluzione alla crisi libica che sta portando alla morte di numerosi civili. Oggi l’Italia, attraverso la Farnesina, fa sapere che l’esilio di Muammar Gheddafi sembra una soluzione più che plausibile per la risoluzione della guerra civile in Libia. Questa soluzione potrebbe portare all’immediato cessate il fuoco da parte di entrambe le fazioni […]
Si cerca una soluzione alla crisi libica che sta portando alla morte di numerosi civili. Oggi l’Italia, attraverso la Farnesina, fa sapere che l’esilio di Muammar Gheddafi sembra una soluzione più che plausibile per la risoluzione della guerra civile in Libia.
Questa soluzione potrebbe portare all’immediato cessate il fuoco da parte di entrambe le fazioni che si contendono il potere del paese e ridare alla popolazione libica la possibilità di un governo non assolutistico, ma portato verso la democrazia, soluzione richiesta a gran voce dai ribelli che non hanno alcuna intenzione di fermarsi se Gheddafi rimarrà al potere.
Lo stesso è valido per la coalizione dei volenterosi che hanno proposto questo tipo di accordo per il leader libico già dalle prime battute e che non fermeranno il loro intervento militare fino alla resa del rais, che dovrebbe concludersi con l’esilio. Già da alcuni giorni si sta cercando un paese che voglia ospitare Muammar Gheddafi nella sua nuova forma di esiliato politico e all’opera si sono messe tutte le diplomazie che sono scese in campo contro Gheddafi.
Questa resta comunque una opzione, visto che fin dall’inizio il premier libico ha escluso categoricamente il suo esilio dal paese e continua ad opporsi a questa soluzione, mostrandosi circondato dai suoi sostenitori, mentre fa visita a scuole e luoghi simbolo di Tripoli. Anche il figlio di Gheddafi, che alle prime battute sembrava disposto a cedere qualcosa ai rivoltosi, ha escluso, nei giorni scorsi, una soluzione del genere.
Intanto l’ONU spera di trovare al più presto una soluzione alla crisi che sta sconvolgendo il Mediterraneo, sperando di non ritrovarsi presto a fare i conti con una nuova Iraq.
Teresa Corrado