Libia: Cirenaica libera ma i morti potrebbero essere 10.000
Oggi Bengasi festeggia il suo primo giorno da città libera. Da ieri sono cominciati i festeggiamenti che, verosimilmente, proseguiranno per parecchi giorni. Per le strade della città sono scesi uomini, donne e ragazzini (l’eta media dei rivoltosi libici è di 15 anni). Per la prima volta liberi, anche di festeggiare. Bengasi, principale città della Cirenaica, […]
Oggi Bengasi festeggia il suo primo giorno da città libera. Da ieri sono cominciati i festeggiamenti che, verosimilmente, proseguiranno per parecchi giorni. Per le strade della città sono scesi uomini, donne e ragazzini (l’eta media dei rivoltosi libici è di 15 anni). Per la prima volta liberi, anche di festeggiare. Bengasi, principale città della Cirenaica, è in mano ai rivoltosi, che dopo aver preso Tobruk, Derna, Al Baida, e Gialo, si sono definitivamente impossessati della regione. Ma mentre la parte orientale della Libia festeggia e nella parte occidentale del paese sempre più città insorgono (Misurata, Sabratha Zawiya), nella roccaforte del colonnello Gheddafi a Tripoli si sta ancora combattendo. Le ultime milizie ancora fedeli al Rais, insieme ai mercenari arrivati principalmente dall’Africa sub sahariana e dal maghreb, continuano a provocare morti e feriti, ad intimidire la popolazione. Si continua a parlare di elicotteri che mitragliano civili e delle sevizie dei mercenari, che torturano e uccidono in un raggio di 40km dalla capitale.
Ieri la notizia dei due aviatori atterrati a Malta, rifiutatisi di bombardare i civili, ha fatto il giro del mondo; sempre ieri il rappresentante libico all’Onu ha accusato il regime di genocidio; oggi ci pensa un’altra notizia, data dall’emittente televisiva araba Al Arabiya, a far preoccupare le autorità internazionali: le vittime della rivolta sarebbero oltre diecimila, più di cinquantamila i feriti. Alcuni video amatoriali dimostrerebbero che si stanno scavando fosse nel cimitero di Ashaat per coprire gli innumerevoli corpi. L’incubo delle fosse comuni e dello sterminio di massa torna di nuovo in primo piano, questa volta ancora più vicino al cuore dell’Europa.
Flavio di Giovanni