In Libia 87 morti per la rivolta, ma Berlusconi tace
L’onda rivoluzionaria sta travolgendo tutto il Nord Africa. Nei giorni scorsi è toccato all’Egitto. Mubarak ha perso il potere, ora in mano ai militari, ed è fuggito via con la famiglia. L’ex presidente dell’Egitto sarebbe ora in gravi condizioni di salute, anche se non ci sono vere e proprie certezze sulla sua sorta. In queste […]
L’onda rivoluzionaria sta travolgendo tutto il Nord Africa. Nei giorni scorsi è toccato all’Egitto. Mubarak ha perso il potere, ora in mano ai militari, ed è fuggito via con la famiglia. L’ex presidente dell’Egitto sarebbe ora in gravi condizioni di salute, anche se non ci sono vere e proprie certezze sulla sua sorta.
In queste ore, in Libia, la situazione è drammatica. Il regime ha oscurato i mezzi di comunicazioni, ma le notizie sulla rivolta trapelano lo stesso. I morti, secondo l’organizzazione Human Right Watch, sarebbero già 87. Secondo Amnesty sarebbero 46. Si tratta, qualunque sia la verità, di una situazione esplosiva. I militari starebbero sparando sulla folla, che è fatta per la stragrande maggioranza di gente pacifica, povera, stremata dal regime libico.
E l’Italia, Paese politicamente e geograficamente vicino? Berlusconi, grande amico di Gheddafi (ricordate come fu accolto pochi mesi fa, quando venne in Italia), tace. La posizione del premier è effettivamente difficilissima e il governo non ha ancora elaborato nessuna strategia diplomatica.
Le opposizioni vanno all’attacco. Della Vedova (Fli) chiede a Berlusconi se sta con chi spara o chi viene sparato. “In pochi giorni ci sono stati quasi cento morti e non c’è stata ancora alcuna reazione ufficiale – ha detto Veltroni (Pd). Il grande sommovimento che, in nome del pane e della libertà, sta scuotendo l’Africa mediterranea è una cosa che riguarda direttamente l’Italia. E’ necessaria una posizione ferma del nostro paese. Ogni ulteriore attesa sarebbe gravissima”. Sulla stessa lunghezza d’onda Casini (Udc).