Attualità Italiana

Alessandro Impagnatiello ha premeditato per 6 mesi di uccidere Giulia: dopo l’annuncio della gravidanza, le prime ricerche

Quando Giulia Tramontano gli ha rivelato di essere incinta, Alessandro Impagnatiello ha iniziato a pensare che la sua compagna non avrebbe messo al mondo quel figlio. Per sei mesi ha premeditato il femminicidio

lettera alessandro impagnatiello

Il famoso “raptus”, la lite che scatena l’aggressore. Nulla di tutto questo. Per i giudici Alessandro Impagnatiello ha premeditato l’omicidio di Giulia Tramontano. Da quello che è emerso nel corso delle indagini, e poi durante il processo di primo grado, il barman ha iniziato a pensare a questo femminicidio almeno sei mesi prima del drammatico epilogo. L’incontro tra Giulia e la sua amante, ha solo portato il giovane assassino a scegliere il momento per concretizzare quello a cui “lavorava” da mesi.

Nel momento in cui Alessandro Impagnatiello si accaniva con ferocia su Giulia Tramontano, la giovane donna ha probabilmente realizzato, seppur per pochi istanti, che con lei moriva anche il figlio che portava in grembo da sette mesi. Questa consapevolezza non ha potuto che accrescere la sua sofferenza in modo atroce. Un dolore che il barman non ha avuto alcuna pietà di risparmiare alla compagna, colpita con 37 coltellate, né al loro bambino, mai nato. Ora, quella pietà che l’omicida le ha negato viene restituita dai giudici della Corte d’Assise di Milano, che il 25 novembre lo hanno condannato all’ergastolo con tre mesi di isolamento per omicidio aggravato.

Alessandro Impagnatiello ha premeditato l’omicidio di Giulia Tramontano

L’efferatezza del crimine, aggravata dalle 11 coltellate inferte quando Giulia era ancora in vita, ha portato all’aggiunta dell’aggravante della crudeltà, che si somma alla premeditazione, all’accusa di procurato aborto e all’occultamento di cadavere. La sentenza, firmata dal presidente Antonella Bertoja e dal giudice a latere Sofia Fioretta, ha accolto la ricostruzione dei pubblici ministeri Alessia Menegazzo e Letizia Mannella, secondo cui Impagnatiello aveva maturato l’intento omicida ben prima del 27 maggio 2023, quando ha teso l’agguato alla compagna nella loro casa di Senago. Le prime ricerche su internet relative all’uso del veleno per topi, con cui nei mesi successivi aveva tentato di avvelenarla, risalgono almeno al 12 dicembre 2022, quando aveva appreso della gravidanza di Giulia. In quel periodo, consolidava contemporaneamente una relazione con un’altra donna. Fa rabbrividire il fatto che Impagnatiello abbia iniziato a pensare a questo omicidio dopo aver scoperto che pochi mesi dopo sarebbe diventato padre.

La Corte ha ritenuto inattendibile la versione dell’imputato, secondo cui non avrebbe voluto uccidere la compagna, ma solo indurla ad abortire. Gli elementi raccolti dimostrano il contrario: Impagnatiello voleva che Giulia morisse e ha messo in atto il suo piano omicida dopo che la donna aveva svelato all’altra compagna il groviglio di menzogne con cui le aveva tenute entrambe sotto scacco. La paura di essere smascherato, unita al rischio di subire un’umiliazione pubblica nel bar di lusso dove lavorava, ha fatto precipitare gli eventi. A quel punto, ha abbandonato la strategia subdola e ha deciso di agire in modo diretto e violento.

Quella sera, invece di presentarsi al lavoro, si è precipitato a casa per preparare l’agguato. Quando Giulia è rientrata intorno alle 19, lui l’ha colpita con freddezza, senza lasciarle neppure il tempo di parlare o difendersi. Dopo il delitto, ha cercato di eliminare le tracce, ripulendo il sangue e tentando senza successo di bruciare il corpo nella vasca da bagno. Non riuscendoci, ha nascosto il cadavere per tre giorni tra cantina e garage, per poi abbandonarlo tra alcuni box auto, mentre cercava di convincere tutti che Giulia se ne fosse andata volontariamente.

Nel corso del processo, Alessandro Impagnatiello ha ammesso l’omicidio, ma senza mostrare alcun reale pentimento. I giudici lo descrivono come un uomo che ha tentato, in modo goffo e contraddittorio, di minimizzare le proprie responsabilità. Per questo motivo, non gli sono state concesse attenuanti: la sentenza ha confermato la piena responsabilità per un crimine che resta segnato da una brutalità inaudita.

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