Attualità Italiana

La confessione di Riccardo per la strage di Paderno Dugnano: “malessere, ero un corpo estraneo”

Riccardo racconta tutto quello che ha provato prima di sterminare la sua famiglia: come in un video gioco ma poi le cose sono andate in modo diverso

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Che cosa porti un ragazzo di 17 anni etichettato da tutti come tranquillo, brillante, coccolato da mamma e papà, a compiere una strage familiare e a uccidere tre persone, resta forse un mistero anche per gli esperti che nelle sue parole, cercano l’origine del seme che ha portato a tutto questo. C’è la solitudine, l’apatia, il malessere di questi giovani che forse, non riescono a comunicare con il mondo degli adulti, nonostante sembri tutti apparentemente normale. Perchè nella storia di Riccardo, almeno in superficie, non c’è nessun segnale , non c’è stato nessun segnale evidente che potesse far temere quello che è successo. Eppure Riccardo, nella sua confessione, a poche ore dalla strage di Paderno Dugnano, racconta di un malessere covato da tempo. Un piano che aveva studiato e pensato da giorni, anche se pensava che con una sola coltellata, racconta a chi lo ha interrogato, avrebbe ucciso.

Riccardo: la confessione, il malessere, la strage. Così uccide un 17enne

“Pensavo che una coltellata sarebbe bastata per uccidere” ha detto ai magistrati il giovane che invece, da subito, ha dovuto fare i conti con la cruda realtà. Quando per uccidere il fratellino di 12 anni, ha dovuto affondare più e più volte la lama. Pensava fosse facile, come in un video gioco, racconta. “Invece ho capito che non era così. Per questo li ho colpiti più volte. Li sentivo soffrire e non volevo” spiega Riccardo a chi ascolta la sua confessione.

Ha nascosto il coltello sotto il suo cuscino, dopo aver compiuto la strage. Poi è uscito in strada a chiamare il 112. Erano ore che pensava a come fare, forse sabato era esplosa in lui la voglia di mettere fine a tutto. Per magistrati e carabinieri non è da escludere che la scintilla sia stata proprio la festa di compleanno di papà Fabio, poche ore prima, quando nonni, zii e cugini avevano cenato insieme nella villetta. Oggi di Riccardo dicono che era solo un po’ introverso, nulla che potesse mai far pensare a quello che è successo, anche per questo i nonni, fanno sapere che resteranno accanto a lui, nonostante tutto.

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Ha aspettato che tutti dormissero, dopo la festa di compleanno.

Ho colpito per primo Lorenzo, ma perché era il più vicino a me. Non c’era una ragione particolare. Ribadisce quello che è emerso nelle sue prime parole. Dice che da tempo provava un malessere, dice che si sentiva come un estraneo. “Pensavo che uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero, distaccandomi dalla mia famiglia avrei potuto vivere in solitaria”, mette a verbale davanti agli investigatori. 

Riccardo aveva passato una “normale estate”; prima in vacanza con i genitori, poi con i suoi amici, dunque la libertà che hanno tutti i ragazzi della sua età. Il 21 luglio era stato ospite con altri ragazzi nella casa al mare di una compagna di classe tra Toscana e Liguria. Gli amici raccontano che rideva, scherzava, ascoltava musica rap come tanti altri ragazzi, ma non era un fanatico. Riccardo invece, ascoltato da chi indaga, spiega che ascoltava solo musica triste. In particolare, spontaneamente, ha parlato di una canzone dei Beatles, «The Long and Winding Road»: «La strada lunga e tortuosa che conduce alla tua porta/Non scomparirà mai/Ho già visto quella strada prima d’ora mi ha sempre condotto qui/Mi conduce alla tua porta». Una ballata malinconica che sembra descrivere il sentimento che stava provando in queste settimane o forse da più tempo.

Riccardo avrebbe detto di essersi reso conto che uccidere tutti non era la soluzione ma di sapere anche che ormai, le sue azioni, hanno provocato qualcosa di irreversibile.

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