Beppe Pedrazzini segregato in casa: riunioni di famiglia per pianificare, anche il nipotino costretto a partecipare
Emergono dettagli inquietanti sulla morte di Beppe Pedrazzini: era stato segregato in casa, poi gettato nel pozzo. Alle riunioni per pianificare, anche il suo nipotino
Questione di soldi, questione di disprezzo. Beppe Pedrazzini è stato segregato nella sua stessa casa, da sua figlia e da suo genero, che volevano fare in modo che non spendesse i suoi soldi. Nessun contatto con i parenti, nessun incontro. Avevano paura che Beppe potesse chiedere qualcosa o magari dare qualcosa, dei soli. E così avrebbero pianificato tutto, persino la vendita del trattore che Beppe amava, una sorta di sfregio. Racconta tutto Marta, la moglie del Pedrazzini, che punta il dito contro suo genero e contro sua figlia. Le stesse persone che all’inizio di questa storia lei aveva difeso. Poi la nuova versione e oggi, i dettagli che emergono dalla carte dell’inchiesta. Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida, per settimane sono andati in tv a raccontare la loro versione dei fatti, a dire che c’era una spiegazione a tutto, anche al ritrovamento del cadavere di Beppe in un pozzo, chiuso con una pietra di oltre 100 chili. La spiegazione era che ce lo avevano gettato loro, per soldi, per avere tutto quello che il Pedrazzini si era guadagnato in una vita di lavoro. In televisione , Silvia e Riccardo, parlavano del loro dolore per il figlio, portato dai servizi sociali in una casa famiglia. Oggi emergono inquietanti dettagli anche su questo aspetto. Pare che si facessero, come ha raccontato Marta agli inquirenti, delle riunioni di famiglia, durante le quali, bisognava stabilire cosa dire a chi chiedeva di Beppe. Prima che le indagini iniziassero, e dopo. E in queste riunioni di famiglia, a detta della moglie di Pedrazzini, partecipava anche suo nipote, un ragazzino di 12 anni.
Beppe Pedrazzini e la segregazione prima della sua morte
Oggi Marta racconta una storia ben diversa da quella che aveva dato ai giornalisti e agli inquirenti in un primo momento, quando il cadavere di suo marito era stato ritrovato nel pozzo della casa di Toano. Aveva detto che non sapeva come c’era finito. Poi invece aveva detto che erano stati sua figlia e suo genero, dopo che Beppe era morto per cause naturali. La versione di Marta è cambiata ancora. Quando ha capito di non essere più in pericolo, ha spiegato di aver mentito per paura, temeva di fare la stessa fine di Beppe. E racconta di una segregazione, di vessazioni.
Anche il 12enne doveva eseguire gli ordini di Silvia e di Riccardo. Lo ha raccontato nel corso delle indagini. Non solo soldi, ma anche disprezzo. Beppe viene definito un “pezzente” da parte di suo genero. Lo stesso che ha poi architettato il piano per nascondere e occultare il cadavere del Pedrazzini. “Finalmente quel pezzente lì non c’è più” si legge sulle carte delle indagini. Sono parole di Riccardo Guida, sono parole rivolte a Beppe Pedrazzini.