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Tracce maturità 2012, il saggio breve artistico letterario: il labirinto

Maturità 2012: il saggio breve artistico letterario è incentrato sul labirinto. Di cosa si potrebbe parlare? Ecco alcuni spunti da Umberto Eco a Picasso

Il saggio breve artistico letterario è sempre uno dei più gettonati agli esami di maturità, lo sarà anche in questo 2012? Dalle poche indiscrezioni che arrivano dalle scuole sappiamo che il tema centrale del saggio breve è il labirinto con documenti in cui vengono citati molti artisti del ‘900. Di cosa potrebbero scrivere gli studenti che hanno deciso di svolgere questo tema? Sicuramente i ragazzi che hanno studiato Umberto Eco ricorderanno l’utilizzo che fa del labirinto ne Il nome della rosa e l’importanza che l’autore gli dà. Nel romanzo Umberto Eco parla del labirinto all’interno della biblioteca del monastero come di un labirinto “multicursale”. Cosa si intende con questo termine?

Si tratta di un labirinto a percorso unico, come si usavano costruire all’epoca (1327). Leggia,o su Wikipedia: ” facendo questa scelta l’autore commette un anacronismo (probabilmente volontario, perché in un labirinto unicursale sarebbe stato impossibile perdersi e la trama ne avrebbe risentito); i primi labirinti multicursali nacquero infatti intorno alla metà del sedicesimo secolo, disegnati dall’architetto italiano Francesco Segala. Lo stesso Umberto Eco, nel saggio Dall’albero al labirinto, traccia la storia del tentativo di classificare la realtà tramite un dizionario o un’enciclopedia, e associa l’evoluzione dell’enciclopedia all’evoluzione storica del labirinto, da unicursale a multicursale a rete.”

Potrebbero esserci spunti nell’opera di Picasso “minotauromachia”, ecco un’immagine dell’opera

Chi ha scelto questo saggio breve non può di certo fare a meno di citare Calvino. Sono tanti gli spunti dell’autore sul tema del labirinto, ecco alcuni appunti del pensiero di Calvino in merito a questa tematica.

Calvino: pensieri tratti dai suoi scritti

La rivoluzione industriale ha provocato una prima crisi della filosofia, della letteratura e dell’arte.

Il recente progresso dell’industrializzazione totale e dell’automazione è arrivato prima che la società e la cultura fossero pronte a governarlo.

Anche le ideologie capitaliste e socialiste sono in fase di trasformazione e non se ne intravede il futuro (siamo nel 1964).

Nonostante le difficoltà culturali e individuali ad affrontare la modernità, l’umanità sembra comunque avere un futuro, anche se molto diverso da ciò che è stato.

La profezia marxista si è avverata solo nella sua parte negativa dell’avvento dell’industrialismo totalizzante, non nella parte positiva della liberazione dell’uomo.

Ma la cultura, sia quella artistica che quella scientifica che quella politica, accetta la sfida della trasformazione.

Come risposta alla prima rivoluzione industriale:

  • il marxismo accetta l’alienazione e reificazione, ma prevedendone il rovesciamento in un processo storico

  • la poesia la rifiuta, con l’estetismo: la bellezza fuori dal tempo e dallo spazio, immagini altre.

Il parallelismo Marx-Baudelaire: entrambi hanno come bersaglio il mondo borghese.

Anche queste correnti letterarie (estetismo, escapismo, esotismo, decadentismo) si definiscono in un rapporto conflittuale con la civiltà industriale.

Ma c’è anche una possibilità diversa per la letteratura di fronte alla rivoluzione industriale: accettarla tra le immagini del proprio mondo poetico e riscattarla dalla disumanità in favore di una visione di progresso.

La letteratura che vuole rappresentare criticamente i primi aspetti dell’industrialismo nasce da un ambiente borghese di tradizione illuminista e utilitarista, e ne eredita tutti i limiti. E la linea romantico-umanitario-positivista (vedi Victor Hugo e Zola) non regge oltre la prima fase dell’industrializzazione.

Anche il cosiddetto “realismo socialista” si portava dietro vizi di romanticismo, pedagogismo e pruderie.

Cezanne rappresenta un primo tentativo di dare una risposta diversa. Mentre fine ad allora all’impoeticità della civiltà industriale si contrapponeva una visione del mondo naturalistico-umanistica legata a vecchi modelli, con il cubismo e il futurismo si cerca un nuovo termine di antitesi, l’immagine di un futuro industriale che abbia ritrovato bellezza e pregnanza morale, ma diverse dalle precedenti.

Un ruolo fondamentale in questo movimento lo giocano le arti visive e l’architettura (art nouveau, bauhaus, razionalismo, industrial design). Ma anche poeti come Apollinaire e Majakovskij, che si esprimono anche attraverso invenzioni tipografiche.

Nasce l’ottimismo storicista: contro il rifiuto e l’evasione, si afferma il riscatto morale del mondo meccanizzato. E’ anche un aiuto al perpetuamento dello sfruttamento capitalistico, ma allo stesso tempo una carica morale di non rassegnazione, di anticipazione di un nuovo mondo ancora umano.

Questo ottimismo storicista prenderà esiti ideologici molto diversi: l’illuminismo degli architetti, il panteismo rivoluzionario di Majakovskij, il nazionalismo bellicista del futurismo, l’anarchia dei dada, ecc.

Questa corrente viscerale dell’avanguardia è quella che dà vita a tutte le possibilità espressive attuali.

Il grande avvenimento del secolo è stato quello della rivoluzione contro il padre, portata avanti da Freud e da Kafka.

Per quanto riguarda le scelte espressive e critiche, il mio orientamento rimane quello di una stilizzazione riduttiva, sul modello di Hemingway.

E’ viva però anche la necessità di adottare uno stile che si adatti alla complessità del mondo moderno, attraverso l’adozione di tutti i linguaggi possibili e tutti i possibili metodi di interpretazione.

Un grande esempio di invenzione del linguaggio è quello di Picasso, che è riuscito ad esprimere il mondo e sé stesso in modo totale.

La stagione che va dalla guerra di Spagna fino al secondo dopoguerra fu particolarmente importante nel produrre stimoli di tipo stilistico, storico ed esistenziale che hanno prodotto una ricerca folta di implicazioni culturali. Per la letteratura italiana è il periodo di Vittorini e Pavese, quest’ultimo grande precorritore delle tendenze recenti.

La situazione letteraria di fronte alla seconda rivoluzione industriale è più ambigua: difficile è stabilire il confine tra “Tradizione” e “avanguardia”.

E’ possibile comunque ancora distinguere tra una linea “razionalista” e una “viscerale” dell’avanguardia.

La linea razionalista si è esaurita nell’architettura industriale.

La linea viscerale (Beckett, l’”informel”, la “beat generation”) sembra più vitale.

Ma ormai la civiltà industriale è un dato che quasi nessuno discute. Non c’è più un prima né un dopo (inteso come prospettiva rivoluzionaria).

L’uomo della seconda rivoluzione industriale si rivolge all’unica parte non programmata dell’universo: l’interiorità.

Il nuovo individualismo punta alla dispersione dell’individuo nel mare dell’oggettività.

La cultura ideologica, puntando sul pubblico, fuggono il privato, che è lasciato all’esistenzialismo, alla fenomenologia, alla psicoanalisi.

In questo mondo di neo-negromanti non c’è un ritorno alla natura, ma una naturalizzazione dell’industria: un’economia perfettamente organizzata che elargirà i suoi frutti come un’indifferente natura.

Ma c’è anche un’altra alternativa, quella di una poesia complessa che si all’altezza della nostra conoscenza intellettuale del mondo (Jean Genet e Dylan Thomas).

Anche la linea razionalista, geometrizzante e riduttiva, di Robbe-Grillet, ripiega verso l’interiorizzazione: il processo di mimesi delle forme del mondo tecnico-produttivo si fa interiore, diventa sguardo.

Lo spazio labirintico è l’archetipo delle immagini letterarie del mondo, dall’ascetismo di Robbe-Grillet alle configurazioni multidimensionali ispirate alla molteplicità delle rappresentazioni del mondo che la cultura contemporanea ci offre: il labirinto della conoscenza fenomenologica in Butor, quello della stratificazione linguistica in Gadda, quello delle immagini culturali di Borges.

Questa letteratura del labirinto gnoseologico-culturale ha in sé una doppia possibilità: da una parte quella di render conto della complessità del reale, rifiutando le visioni semplicistiche; dall’altra il fascino del labirinto come tale, come simbolo della condizione umana senza via di uscita.

La migliore letteratura sarà dunque quella che non si arrenderà alla complessità del labirinto, ma ne accetterà la sfida, pur sapendo che la via d’uscita sarà l’ingresso ad un nuovo labirinto.

La letteratura deve dare qualcosa di più di una conoscenza dell’epoca o di una mimesi degli aspetti della realtà esterna o interna dell’animo umano. Deve produrre un “immagine cosmica”, e non sfuggire comunque all’esigenza di trovare significati storici e dare giudizi morali.



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