Crisi e suicidi in Italia: a Treviso Paolo Tonin si impicca
Crisi e suicidi: un binomio tremendo. Paolo Tonin, imprenditore trevigiano, si impicca per i debiti.
È difficile, in un momento così delicato come quello che stiamo vivendo, fare i conti con i debiti, con le cartelle esattoriali e con il fisco. E così in Italia ormai da tempo è esploso l’allarme suicidi. Si è partiti con il suicidio del marocchino che non veniva pagato e ha deciso di darsi fuoco mentre urlava che non voleva finire a spacciare, poi si è passati al caso dell’artigiano trovato impiccato a Centocelle, a Roma. Uno dei suicidi più eclatanti è stato quello avvenuto a Bologna, dove un uomo si è dato fuoco davanti all’ex palazzo dell’Agenzia delle Entrate. Ma la mappa dei suicidi che sono connessi con la crisi, con le imprese fallite, con i debiti verso le banche e verso i fornitori, purtroppo, è una mappa che va dal nord al sud dell’Italia. Tutti risentono della crisi, del periodo di recessione economica che siamo costretti a vivere e della Manovra “salvastato” del Governo Monti che ci ha chiamato a fare più sacrifici. La notizia di oggi, purtroppo, è ancora una volta una notizia di un suicidio. Questa volta avvenuto a Treviso.Un imprenditore agricolo di Altivole (Treviso), Paolo Tonin, 53 anni, si è ucciso nella sua azienda. L’uomo, secondo le ultime notizie, si è impiccato nel capannone attiguo all’abitazione. Secondo i familiari, il suicidio è da collegare alla difficile situazione economica in cui versava l’impresa. A fare la scoperta stamani è stato il figlio. Paolo Tonin, che lascia la moglie e quattro figli, due dei quali lavorano nell’azienda, di recente aveva acceso un mutuo per la casa e per il nuovo capannone. Ad aggravare la sua situazione economica anche la siccità delle ultime settimane che aveva compromesso il raccolto di asparagi. I Carabinieri di Castelfranco non hanno trovato nessun biglietto di spiegazione del gesto. Agli amici l’uomo aveva confidato i gravi problemi finanziari ai quali non riusciva a trovare una soluzione. E probabilmente l’unica soluzione, per Tonin, era quella di farla finita.