Allarme disoccupazione giovanile: mai così male dal 1992
Disoccupazione giovanile in aumento: è allarme in Italia. Ecco i dati diffusi dall'Istat
Parliamo oggi di una questione che ormai è molto delicata nel nostro Paese: la questione lavoro. I dati sono davvero allarmanti. Le percentuali relative all’allarme rosso lavoro sono davvero critiche, ma non solo: segnano un nuovo record. Il record della disoccupazione. È l’Istat a dare i numeri che riguardano il lavoro in Italia, che oramai sembra quasi un lusso per pochi. Il tasso di disoccupazione a febbraio si attesta al 9,3%: in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio e di 1,2 punti su base annua. Non accadeva dal 2004. E, come per magia, chi sono coloro che ne soffrono maggiormente? Sono i giovani. Nel quarto trimestre del 2011,riferisce l’Istat, il tasso di disoccupazione per la fascia d’età 15-24 è salito al 32,6%. Un vero e proprio record negativo: per ritrovare simili percentuali bisogna tornare indietro di 20 anni, cioè al quarto trimestre del 1992. In particolare, sono le giovani donne del meridione che sembrano le più “sfortunate” a trovare lavoro: quasi una ragazza su due, al sud, è disoccupata. La percentuale è del 49,2%.
L’Istat scrive: «Un quadro preoccupante d’inizio 2012». Diverso il discorso per quel che riguarda l’occupazione delle fasce d’età più elevate. Infatti a febbraio 2012 cresce il numero degli occupati fino a 55 anni (+164.000 unità). Un dato che secondo l’Istat va letto considerando il progressivo invecchiamento della popolazione e – come sappiamo – l’ormai noto inasprimento dei requisiti pensionistici. Nel rapporto si legge inoltre che “il mercato del lavoro continua a caratterizzarsi per la discesa dell’occupazione e la crescita della disoccupazione”, con un totale di 22 milioni 918.000, in diminuzione dello 0,1% (-29.000 unità) rispetto al mese di gennaio. Insomma, dei dati che fanno davvero paura, soprattutto ai giovani, che dovrebbero essere coloro che manderanno avanti il Paese nel futuro. Molto spesso, troppo spesso, ci si ritrova con un “pezzo di carta” in mano, una laurea, e si va a finire a fare uno stage (quasi) gratuito, o al più con rimborso spese. Ma nel migliore dei casi il lavoro lo si trova come operatore ad un call center, facendo tutt’altro di quello che si è sognato tra i banchi d’università.