Chiede l’invalidità per la Sla, muore ma nessuna risposta
La notizia arriva dal quotidiano piemontese. L’ennesima storia che conferma quanto la burocrazia in Italia abbia i tempi di una lumaca. Non basta ammalarsi in modo grave e irreversibile, capita anche di non riuscire a ottenere ciò che è dovuto. È successo a un signore di Rosta, comune in provincia di Torino, ammalato di Sla, […]
La notizia arriva dal quotidiano piemontese. L’ennesima storia che conferma quanto la burocrazia in Italia abbia i tempi di una lumaca.
Non basta ammalarsi in modo grave e irreversibile, capita anche di non riuscire a ottenere ciò che è dovuto. È successo a un signore di Rosta, comune in provincia di Torino, ammalato di Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, nel luglio scorso.
La malattia l’ha reso subito inabile, quindi la decisione di richiedere la visita per la verifica dell’invalidità. Visita a cui il signor P.M. si presenta sorretto dalla moglie, cieca, perché il bustino con cui ha imparato a convivere non è più sufficiente a tenerlo in piedi.
La visita si svolge come da prassi: controlli motori, test e un “arrivederci le faremo sapere”. Per legge quel “le faremo sapere” non dovrebbe andar oltre i 60 giorni. Passano le settimane: le condizioni peggiorano, inizia a usare il respiratore e il decorso della malattia è uguale a tanti altri casi. Passano due mesi, poi altri due. Lo scorso febbraio, il signor P.M. muore.
Della sua richiesta d’invalidità nessuna traccia. Sono passati sette mesi e ancora oggi, anche se non servirebbe più nessuna risposta.
“Il problema sta tutto nelle procedure – ammettono all’Inps – che dovrebbero essere informatiche, ma in realtà non lo sono e ci troviamo a dover smaltire tonnellate di carte”. La situazione però dovrebbe sbloccarsi, anche se al momento ci sono oltre 35 mila pratiche in arretrato.
Un numero che fa paura, per non contare tutte i procedimenti contro i falsi invalidi, che rappresentano altre pratiche da smaltire, che inevitabilmente rallentano la conclusione delle richieste d’invalidità di persone veramente ammalate, che si vedono costrette a sottoporsi a visita e consegnare attestati e documenti per dimostrare una disabilità evidente oltre che inguaribile, per le quali è richiesta comunque la verifica, ma “possono inviare la documentazione piuttosto che presentarsi alla visita” precisano dall’Inps.
Peccato che la documentazione richiesta sia colossale e debba essere riferita al momento della prima diagnosi. Ecco che quindi malati, disabili, dovrebbero ingaggiare una ricerca di certificati, vecchi anche di quarant’anni, rilasciati da ospedali che magari non ci sono nemmeno più.
Insomma anche per vedersi riconosciuto un sacrosanto diritto, occorre andare incontro alla colossale macchina della burocrazia, che si conferma costantemente una bolla di sapone.
Giusy Cerminara