Neolaureati disoccupati, raddoppiati dall’inizio della crisi
Raddoppiano i laureati senza occupazione. La crisi colpisce ancora ed ora, solo il 30% dei diciannovenni si iscrive all'università
Dall’inizio della crisi, è raddoppiato il tasso di disoccupazione tra i neolaureati. I dati divulgati da AlmaLaurea evidenziano inoltre la sfiducia dei giovani nell’Università.
Il XVI° rapporto AlmaLaurea, documento redatto ogni anno che analizza le condizioni occupazionali dei giovani dottori, evidenzia in modo drammatico il disagio occupazionale. Più di un ragazzo su quattro che ha concluso la laurea triennale da un anno non ha ancora trovato lavoro. Per i diplomati della specialistica la percentuale è poco migliore. Si tratta dei peggiori dati dall’inizio della crisi economica. Insomma, studiare sembra non bastare più per avere la certezza di trovare un lavoro e conseguentemente (quanto purtroppo logicamente) diminuiscono le matricole come pure gli stipendi dei neolaureati che un’occupazione l’hanno trovata.
Il Rapporto 2014 ha coinvolto quasi 450.000 laureati post-riforma di tutti i 64 atenei aderenti al Consorzio. Quest’anno, per la seconda volta, l’indagine è stata estesa ai laureati di secondo livello a cinque anni dal conseguimento del titolo; ciò ha consentito di completare il quadro articolato ed aggiornato delle più recenti tendenze del mercato del lavoro unitamente alla verifica dell’efficacia delle riforme degli ordinamenti didattici. La partecipazione degli intervistati è stata molto elevata: i tassi di risposta hanno raggiunto l’86% per l’indagine ad un anno, l’80% per quella a tre e il 75% a cinque anni. Quindi i dati sono molto pertinenti.
Aumento della disoccupazione – Aumenta la disoccupazione rispetto all’anno passato: fra i laureati triennali, che non risultano iscritti ad un altro corso di laurea, è cresciuta di quasi 4 punti percentuali, dal 23% al 26,5%. Ed è lievitata anche fra i laureati magistrali, anche se in misura più contenuta: dal 21% al 23%. Il tasso di disoccupazione cresce anche tra i laureati magistrali a ciclo unico, come i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza: dal 21% al 25%. Rispetto alla precedente rilevazione tutti i tipi di laurea esaminati hanno pertanto registrato un ulteriore incremento della quota di disoccupati: di quasi 4 punti percentuali tra i triennali e i magistrali a ciclo unico (per entrambi +15 punti rispetto alla rilevazione 2008); +2 punti tra i magistrali (+12 punti negli ultimi quattro anni). I segni di frenata della capacità di assorbimento del mercato del lavoro si riscontrano, sia pure con qualche diversificazione, nella maggior parte dei percorsi disciplinari e per ogni tipo di laurea. Fra i laureati del 2012 il tasso di occupazione, riferito alla sola popolazione che non risulta iscritta ad un altro corso di laurea, ad un anno è pari al 66%: 4 punti percentuali in meno rispetto ai colleghi magistrali (70%), ma 9 punti in più di quelli a ciclo unico (57%). I laureati a ciclo unico risultano penalizzati da questo tipo di confronto poiché figurano frequentemente impegnati in attività formative non retribuite. Il confronto con le precedenti rilevazioni ad un anno conferma, per tutti i tipi di corso in esame e indipendentemente dalla condizione lavorativa al momento della laurea, una sensibile, ulteriore, frenata della capacità di assorbimento del mercato del lavoro.
Laureati e stabilità del lavoro a dodici mesi dal titolo – La stabilità risulta pressoché invariata per ogni tipo di corso di laurea rispetto alla precedente rilevazione. Ciò è il risultato di un leggero decremento dei contratti a tempo indeterminato a cui ha fatto seguito un altrettanto lieve aumento del lavoro autonomo. La stabilità riguarda quindi il 41% tra i triennali e il 35% tra i magistrali e tra i colleghi a ciclo unico. Rispetto all’indagine 2008 la stabilità lavorativa ha subito una contrazione, pari a 10 punti tra i triennali, 5 punti tra i magistrali, ma solo di 3 punti tra i colleghi a ciclo unico. Contrazione legata in particolare al vero e proprio crollo, in taluni casi, dei contratti a tempo indeterminato (-15 punti percentuali tra i laureati triennali, -8 punti tra gli magistrali e –5 tra quelli a ciclo unico). Si può dunque ipotizzare, quanto meno per alcune categorie di laureati, che la risposta alla minore disponibilità di posizioni alle dipendenze a tempo indeterminato sia stata l’avvio di attività di tipo autonomo, in particolare di natura imprenditoriale. Negli ultimi cinque anni, si è associato un aumento dei lavori non regolamentati da alcun contratto di lavoro (circa più 5 punti per ogni tipo di corso di laurea). Il lavoro nero nel 2013 riguarda l’8% dei laureati di primo livello; il 9% per i magistrali, e il 13% per quelli a ciclo unico.
Le retribuzioni – Le retribuzioni ad un anno scendono ulteriormente rispetto alla rilevazione precedente. Complessivamente, si attesta attorno ai 1.000 euro netti mensili: 1.003 per il primo livello, 1.038 per i magistrali, 970 per i magistrali a ciclo unico. Rispetto alla precedente rilevazione, le retribuzioni reali risultano in calo, con una contrazione pari al 5% tra i triennali, al 3% fra i magistrali biennali e al 6% fra i colleghi a ciclo unico. Se si estende il confronto temporale all’ultimo quinquennio (2008-2013), si evidenzia che le retribuzioni reali sono diminuite, per tutte e tre le lauree considerate, del 20% circa.
Sfiduciati – Ora, solo il 30% dei diciannovenni si iscrive a un programma di studi di livello universitario.Un dato, quello sulle iscrizioni del 2012, che allontana in partenza quello che era l’obiettivo fissato dalla Commissione Europea per il 2020, ovvero il raggiungimento del 40% di laureati nella popolazione tra i 30 e i 34 anni. Ad oggi, tra i 25 e i 34 anni ha infatti un titolo di istruzione di terzo livello solo il 21% contro il 59% del Giappone, il 47% del Regno Unito, o il 43% di Francia e Stati Uniti. L’Italia è ben al di sotto della media Ocse (39%) e di quella dell’Ue a 21 (36%).