Riusciranno i nostri eroi ad accordarsi sulla legge elettorale?
La legge elettorale è uno dei principali nodi di questa fase politica. Il segretario del Pd Renzi detta l'agenda con 3 proposte di riforma, che saranno discusse la prossima settimana in Commissione Affari costituzionali, ma la strada per un accordo è ancora in salita
Dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il “Porcellum”, ovvero la legge elettorale in vigore in Italia dal 2006 per le elezioni politiche, e dopo le pressioni sul governo del nuovo segretario del Pd Matteo Renzi per riformare il sistema di voto in tempi molto brevi, la politica non può più rinviare la discussione su questo provvedimento.
Tra pochi giorni inizierà una complessa partita a poker tra i principali partiti, che già hanno espresso pareri assai discordi sulle ipotesi di riforma, al termine della quale si dovrà raggiungere un accordo ampio (l’approvazione della legge elettorale richiede per prassi un consenso molto ampio delle forze parlamentari) che potrà ristabilire la legalità costituzionale.
Fino al 17 gennaio, in Commissione Affari Costituzionali, ci sarà un’indagine conoscitiva e la discussione vera e proprio inizierà il 20 gennaio, prima di far approdare il testo alla Camera dei Deputati il 27 gennaio, come hanno concordato ieri i capigruppo dei principali partiti in Parlamento.
Al di là delle date il nodo è politico, tanto che alcuni commentatori politici ipotizzano accordi trasversali anomali tra partiti di schieramenti opposti, come quello tra l’ala del Pd di Renzi e il partito di Berlusconi Forza Italia, essendo entrambi sostenitori dello scioglimento delle larghe intese e di un ritorno alle elezioni. Renzi continua a negare che il suo fine è tornare alle urne, ma è ormai chiaro a tutti che il principale nodo politico è la divergenza di obiettivi tra il premier Letta, che vuole continuare il suo lavoro di premier, e lo stesso segretario del Pd, che punta a Palazzo Chigi visto il favore dei sondaggi.
Ma quali sono le ipotesi di legge elettorale finora in campo?
Renzi, che attualmente detta l’agenda politica, ne ha proposte 3, di natura diversa ma che a suo giudizio potrebbero tutte risolvere il problema della governabilità, essendo il Paese spaccato in tre grandi forze, senza che nessuna riesca ad avere un sostanziale sopravvento sulle altre.
La prima ipotesi è un ritorno al Mattarellum, la legge in vigore fino all’introduzione del Porcellum. Si tratta di una legge ‘mista’, per 3/4 maggioritaria e per 1/4 proporzionale, elaborata dopo il crollo della Prima Repubblica per archiviare una stagione segnata dal proporzionale puro e dall’estrema frammentazione del quadro partitico. Ma quello proposto da Renzi è un Mattarellum ‘modificato’: rimarrebbero i 475 collegi uninominali (equivalenti al 75% dei seggi totali) nei quali vince il candidato, uno soltanto, che ottiene la maggioranza relativa; tuttavia l’idea di Renzi è di ripartire il restante 25% in maniera nuova, tra un premio di maggioranza del 15% per il partito (o la coalizione di partiti) vincente e un ‘diritto di tribuna’ pari al 10% del totale dei collegi, che garantirebbe anche alle opposizioni di un certo peso numerico di avere una rappresentanza adeguata. Rimarrebbe, invece, la soglia di sbarramento del 4%.
La seconda ipotesi è un’imitazione del sistema spagnolo, un modello d’impianto proporzionale ma studiato per premiare i partiti che hanno una rappresentanza elevata ed omogenea su tutto il territorio. La soglia di sbarramento è fissata al 5% e il territorio italiano verrebbe diviso in 118 piccole circoscrizioni, al posto dei maxi-collegi previsti dal Porcellum, che erano coincidenti in pratica con il territorio delle singole regioni. In più ciascuna circoscrizione, secondo lo ‘schema Renzi’, esprimerebbe un minimo di quattro deputati (inseriti in liste ‘bloccate’) e un massimo di cinque. Anche in questo caso, inoltre, verrebbe riconosciuto un premio di maggioranza del 15% (equivalente a 92 seggi) alla lista o alla coalizione di liste che risulteranno vincenti.
Infine al sindaco di Firenze piace, forse anche più delle altre, l’ipotesi di riprodurre a livello nazionale il sistema dell’elezione dei sindaci dei grandi comuni, con doppio turno di coalizione, ed eventuale ballottaggio tra i due candidati migliori, nel caso nessuno raggiunga la maggioranza assoluta dei consensi al primo turno. Chi vince prende il 60% dei seggi e i restanti voti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Con una legge così disegnata è possibile, inoltre, introdurre sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Ma per accedere alla ripartizione dei voti viene prevista una soglia di sbarramento al 5%.
Come dicevamo, tuttavia, la strada per un accordo è ancora in salita: Forza Italia per adesso preme sul modello spagnolo; il Movimento 5 stelle sembra favorevole a un Mattarellum modello classico; gli alfaniani del Nuovo centrodestra sarebbero più propensi al doppio turno sul modello della legge dei sindaci, indigesta a Forza Italia vista l’impossibilità di candidare direttamente Silvio Berlusconi. Anche i centristi di Scelta Civica si dicono favorevoli al doppio turno, mentre la Lega vuole un ritorno al Mattarellum, così come il partito di Nichi Vendola, Sel.
Per un accordo ci sarà certamente bisogno che qualche partito faccia un passo indietro, altrimenti il rischio è che tutti tirino la corda in direzioni diverse, rendendo impossibile un’approvazione in tempi brevi di una riforma quanto mai necessaria, e mostrando ancora una volta come i partiti politici siano poco al servizio della collettività e molto interessati a portare acqua al proprio mulino. La discussione è necessaria e doverosa se fatta in maniera seria e per portare il Paese a uscire da quest’impasse: tuttavia gli italiani potrebbero non perdonare alla politica, già in forte crisi di credibilità, un ulteriore passo falso su questo tema. Gli italiani vogliono solo tornare a scegliere i propri candidati e si auspicano di trovare un governo stabile e impegnato a risolvere i loro problemi.