Rifiuti, 7 arresti a Roma: c’è anche Cerroni, “re dell’immondizia”
I carabinieri del Noe hanno arrestato il "re dell'immondizia romana" Manlio Cerroni, l'ex presidente della Regione Lazio Bruno Landi e altri funzionari pubblici. L'accusa è di associazione a delinquere finalizzata al traffico dei rifiuti
Forse è la fine di un impero. Questa mattina è stato arrestato uno degli uomini più potenti della Capitale, il “re dell’immondizia” Manlio Cerroni, che ha 87 anni e da 40 detta legge sullo smaltimento dei rifiuti a Roma.
Cerroni è il proprietario dell’area della discarica di Malagrotta, alle porte di Roma, chiusa nell’ottobre del 2013 dopo anni di rinvii: una montagna di 240 ettari di spazzatura che arrivava dalla Capitale ma anche da Fiumicino, Ciampino e dalla Città del Vaticano. Una miniera d’oro che gli fatturava decine di milioni di euro all’anno, se si considera solo che nella sua discarica arrivavano circa 4.500 tonnellate di rifiuti al giorno.
Per Cerroni e altri sei arrestati dai carabinieri del Noe di Roma, diretti dal colonnello Sergio De Caprio, anche noto come ‘Ultimo’ (nel 1993 catturò Totò Riina), e coordinati dal capitano Pietro Rajola Pescarini, l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata al traffico dei rifiuti, di truffa in pubbliche forniture e di violazione delle norme contro la pubblica amministrazione.
Tra i pesci grossi finiti in manette c’è anche l’ex due volte presidente della Regione Lazio degli anni Ottanta Bruno Landi (Psi, molto legato a Craxi), l’ex capo della Direzione regionale Energia Luca Fegatelli (di recente nominato da Nicola Zingaretti presidente dell’Agenzia per i beni confiscati alla mafia), il direttore della discarica di Albano Laziale Pino Sicignano, l’ex dirigente della Regione Lazio Raniero De Filippis (nominato dall’attuale presidente della Regione direttore del settore “Infrastrutture, ambiente e politiche abitative”), il manager Francesco Rando e l’imprenditore Piero Giovi.
Questi nomi sono la prova, secondo l’accusa, della rete di collusione che Cerroni è riuscito a crearsi nell’ambito dell’amministrazione pubblica, dell’influenza che aveva fin nel cuore della Regione: un altro mesto capitolo italiano della permeabilità della politica alle pressioni del potere imprenditoriale.
E’ emblematico il fatto che la prima inchiesta che vide coinvolto anni fa Cerroni fu denominata “Mazzarò”, come il protagonista della novella di Giovanni Verga “La roba”, il piccolo contadino che accumulava terreni, ossessionato dall’espansione del suo impero. E in un’intercettazione telefonica, uno dei commissari straordinari per i rifiuti nel Lazio lo definiva “il Supremo”.
Contestualmente agli arresti è stato disposto il sequestro di beni mobili e immobili per 18 milioni di euro.
I sette destinatari delle ordinanze di custodia cautelare emesse dalla magistratura romana sono finiti tutti agli arresti domiciliari.
Mentre la normativa europea imponeva la chiusura della discarica di Malagrotta, rinviata per anni e finalmente portata a termine pochi mesi fa dopo aver provocato enormi danni ambientali (dal percolato che, penetrando nel suolo, è arrivato sino alla falda, inquinandola, alle colline che, sotto il peso dei rifiuti, ogni anno si sono abbassate di un metro formando laghetti di acqua piovana), Cerroni non si è perso d’animo, creando società in tutta Italia e anche all’estero per lo smaltimento dei rifiuti, accumulando un patrimonio sconfinato.
Al centro dell’indagine del Noe è finita la gestione del polo industriale di Albano Laziale, dove Cerroni, con la Pontina Ambiente, gestisce una discarica e un impianto di produzione di balle di rifiuti da incenerire, il cdr. Secondo l’accusa qui veniva prodotto cdr in misura inferiore rispetto a quanto veniva poi fatto pagare ai Comuni conferitori, con risparmio per il privato che spendeva di meno per smaltirlo in discarica. I Comuni pagavano per un servizio che non ricevevano, procurando così grande vantaggio alla società di Cerroni.
Cerroni si muoveva da anni per aggiudicarsi gli affari del post-Malagrotta, tessendo una fitta rete di relazioni con il potere pubblico finalizzata a un semplice obiettivo: ottenere le necessarie autorizzazioni per proseguire l’attività di monopolista delle discariche, utilizzando uno dei tanti invasi acquistati e pronti all’uso.
Voleva passare alla storia come il “benefattore di Roma”, ma alle soglie dei 90 anni è iniziata la sua parabola discendente. Ma il sapore più amaro di questa vicenda è, ancora una volta, la mancata volontà della politica di mettersi al servizio dei cittadini e di risolvere i problemi dello smaltimento dei rifiuti. Il tutto per piegarsi alle volontà di un imprenditore senza scrupoli, che mirava solo ad incrementare (illecitamente) i propri profitti, come Mazzarò.