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Il killer di Silvia Ruotolo chiede perdono

A ricordare l’ingiusta morte di Silvia Ruotolo, è anche il killer che quel giorno dell’11 giugno 1997 ha esploso, insieme ai suoi compari, 40 colpi contro un suo avversario di clan e che invece ha colpito anche una vittima innocente. Rosario Privato è divenuto un pentito subito dopo il suo arresto, avvenuto un mese dopo […]

da larepubblica.it

A ricordare l’ingiusta morte di Silvia Ruotolo, è anche il killer che quel giorno dell’11 giugno 1997 ha esploso, insieme ai suoi compari, 40 colpi contro un suo avversario di clan e che invece ha colpito anche una vittima innocente.

Rosario Privato è divenuto un pentito subito dopo il suo arresto, avvenuto un mese dopo il delitto, mentre era in vacanza in Calabria. Lui che quel giorno aveva pianificato tutto, adesso non riesce a perdonarsi per aver ucciso una mamma innocente. Di quel giorno l’uomo ricorda ogni particolare.

Privato, appena arrestato, si pentì subito, cominciando a collaborare con gli inquirenti. Descrisse le dinamiche dell’agguato, fece i nomi dei cinque compagni che componevano con lui il commando che doveva uccidere Caiazzo. Chi realmente colpì la donna non lo sa, ma ritiene se stesso e i suoi compagni ugualmente responsabili per un delitto che non sarebbe mai dovuto accadere.

Racconta che della donna colpita, non se ne erano accorti, lo hanno scoperto successivamente dai telegiornali e il fatto che lei stringesse la mano del figlioletto, lo colpì, anche lui all’epoca, aveva una bambina piccola.

A far decidere di cambiare la propria vita, di modificare il proprio cammino, non sono stati i figli della vittima, che l’uomo non ha nemmeno visto quel giorno, ma il marito. Vederlo in tv con il suo dolore e la sua umanità, ha sconvolto la vita di Rosario Privato.

L’uomo ha confessato ben 40 omicidi, ricevendo una condanna a 42 anni di reclusione, 26 gli sono stati dati per la morte di Silvia Ruotolo.

Privato non solo si è dichiarato killer del clan Alfano, ma ha raccontato anche moltissimi altri aspetti della vita camorristica che aveva fatto all’interno del clan.

A chiedere perdono con una lettera, non si sente capace, non vuol essere banale, ma ci tiene a chiederlo, almeno con parole semplici, anche se è consapevole che il perdono non lo avrà dalla famiglia cui ha distrutto l’equilibrio, cui ha tolto una moglie e una mamma.

Teresa Corrado

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