Sarah e Yara: quando gli ascolti superano il diritto di cronaca
Sarah Scazzi e Yara Gambirasio: due giovani vite stroncate Quando i giornalisti abusano del diritto di cronaca bisogna intervenire. Così l’Agcom ha voluto porre un freno alla spettacolarizzazione del dolore nelle tragedie, che più che cronaca, diventano strumento per far impennare gli ascolti. Infatti, è dimostrabile che sfruttando il dolore delle persone gli ascolti salgono. […]
Sarah Scazzi e Yara Gambirasio: due giovani vite stroncate
Quando i giornalisti abusano del diritto di cronaca bisogna intervenire. Così l’Agcom ha voluto porre un freno alla spettacolarizzazione del dolore nelle tragedie, che più che cronaca, diventano strumento per far impennare gli ascolti.
Infatti, è dimostrabile che sfruttando il dolore delle persone gli ascolti salgono. Ma c’è un limite a tutto. L’Agcom ha comunicato all’Ordine dei giornalisti l’intenzione di multare circa 400 trasmissioni che si sono occupate di tragedie violando le norme.
In primo luogo, come si può immaginare, il caso Sarah Scazzi, seguito da quello della piccola Yara Gambirasio, entrambe ragazzine, entrambe scomparse e ritrovate morte.
Ricordiamo per un attimo il caso Sarah Scazzi, forse il più emblematico tra i due: un’Avetrana che parla troppo, giornalisti 24ore su 24 nel paese e nei “luoghi dell’orrore”. La notizia del ritrovamento del corpo di Sarah in diretta, su “chi l’ha visto”. E tutti lì a giudicare una mamma che rimane troppo fredda alla notizia, una mamma che non rispecchia per niente lo stereotipo della mamma in pena per una figlia che non si trova. Tutti si sentono in diritto di giudicare, di investigare, di arrivare alla verità. Ma perché?
E poi tutti gli speciali sul caso Scazzi, da Porta a Porta con tanto di plastico, a Matrix e ancora, a Quarto Grado.
Il perché degli ascolti in continua salita è da ricercare nel ruolo pedagogico svolto dalla nostra televisione: ci vogliono fare emozionare, vogliono farci entrare prepotentemente nella vita delle persone per dividere con loro il dolore personale e sperare in un lieto fine. Un po’ come accade a “C’è posta per te”, in cui vanno in scena i drammi di famiglie divise che cercano di ricongiungersi. E tutti lì a sperare nel lieto fine.
Ed è in questo che si è trasformata la cronaca nera: racconta storie di vita, autentiche, senza copie e copioni, e fa emozionare lo spettatore. È per questo che gli ascolti salgono, oltre il diritto di cronaca.
Sara Moretti