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Guillermo Mariotto: “Mi picchiavano regolarmente, mi aspettavano sotto casa”

Guillermo Mariotto racconta delle lacrime da solo, di tutte le volte che è stato picchiato dai bulli e mai difeso dalla famiglia

mariotto bullismo

A vedere Guillermo Mariotto con il suo solito sorrisetto a Ballando con le Stelle non viene da pensare che il suo passato sia stato doloroso ma al Corriere della Sera confida le sue lacrime. Lacrime non solo perché Guillermo Mariotto veniva picchiato di continuo dai bulli ma anche perché era solo.

La sua famiglia non era con lui, le parole del fratello restano indimenticabili, forse il dolore più grande, ma anche i suoi genitori non hanno detto parole più gentili. Lo stilista italiano viveva in Venezuela, ha fatto di tutto per fuggire, ha ascoltato le parole di sua nonna, l’unica che gli diceva che lui non era sbagliato, aveva solo sbagliato posto in cui vivere.

mariotto oggi è un altro giorno
Guillermo Mariotto commosso

Guillermo Mariotto pensa al tredicenne che si è tolto la vita

La notizia del ragazzino di 13 anni di Palermo che si è ucciso è ancora una volta un dolore immenso per Mariotto che ricorda tutte le volte che ha pianto chiuso in bagno. Sa cosa significa, ricorda tutto come un incubo, una tortura, perché era solo.

Stare chiusi in un bagno e non sapere a chi potersi rivolgere, non ai genitori, non a un fratello, non a un amico, è una tortura, un incubo. A me andò bene, reagii, picchiai i bulli che mi dicevano che ero gay. Ero forte, battagliero. Ma non tutti hanno questo carattere, c’è chi si chiude in se stesso… Penso ai suoi genitori, al loro dolore

Mariotto picchiato dai bulli

Lo picchiavano regolarmente, usa queste parole, spiega che lo aspettavano sotto casa, sempre. Mariotto ha imparato a correre, a scappare, scherza ma non troppo quando dice che per questo era bravo nell’atletica con i suoi tempi. 

Poi tutto è cambiato, ha reagito, si è difeso, ha picchiato più forte di loro:

Da quel giorno il bullo cambiava strada se lo vedeva, gli altri non si sono più permessi di fargli del male.

Ero sui 13 anni e quel giorno giocavo in difesa. Come sempre ero bersagliato da insulti irriferibili. All’ennesimo, esplosi. Raggiunsi a centrocampo il boss del gruppo con cui avevo già questionato, un malandrino, tale Muniz, e gli montai sulle spalle, strappandogli i capelli dalla testa. Fu spettacolare, una scena davanti a genitori e professori

“Si capiva che ero gay”

Per questo lo picchiavano:

Si capiva che ero gay, vestivo in un certo modo, forse più elegante degli altri. I bulli sbroccavano perché ero forte nello sport, ciò li mandava letteralmente in bestia: figurarsi, un omosessuale…

Le parole del fratello 

>>> Mariotto si commuove pensando a Fabrizio Frizzi

Era legatissimo alla nonna materna, Leonor, solo lei gli diceva che doveva andare via perché non era lui quello sbagliato.

Mio fratello arrivò a dirmi che ero la macchia del nostro cognome, papà e mamma… mah, siamo lì

Mariotto ascoltò la nonna e andò in California, scoprì un’oasi di libertà e si laureò lì al College of Arts in disegno indiustriale.

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