Frequenza cardiaca rallentata o accelerata: impariamo a capire la differenza e le possibili conseguenze per la salute
Le aritmie del cuore sono molto frequenti e possono essere indicatori di problemi di salute anche seri. Attenzione però a non andare nel panico
Tenere sotto controllo la nostra frequenza cardiaca è importante perché ci aiuta a capire il nostro stato di salute. È una misurazione semplice che possiamo fare anche da soli, anche se, nel caso in cui volessimo essere davvero sicuri del risultato è sempre meglio rivolgerci al nostro medico di fiducia.
Innanzitutto, è importante fare chiarezza su cosa si intenda per frequenza cardiaca, perché non tutti hanno le idee chiare su cosa sia e come si possa tenere sotto controllo, alcuni tendono a confonderla anche con la pressione sanguigna e, sebbene siano in qualche modo collegate, non sono la stessa cosa.
La frequenza cardiaca è il risultato di quanti battiti al minuto o bpm (battiti al minuto) compie il nostro cuore. A ogni battito il muscolo cardiaco si contrae per pompare il sangue nel nostro corpo.
Può variare, in maniera naturale, in base a diversi fattori, come ad esempio delle attività che si svolgono nell’arco della giornata, ma anche l’età, il livello di allenamento fisico.
Inoltre può essere misurata in tre diverse condizioni: a riposo, contando il numero di battiti del cuore al minuto in condizioni di inattività fisica; al contrario la frequenza cardiaca massima corrisponde al valore massimo di pulsazioni al minuto che può raggiungere il muscolo cardiaco messo sotto sforzo. Infine, si può misurare la frequenza cardiaca di recupero, corrispondente al numero totale di battiti che effettua il cuore due minuti dopo aver smesso di fare attività fisica.
Se pensiamo alla frequenza cardiaca in condizioni di riposo, ci sono dei valori di riferimento, che variano in base all’età, che ci aiutano a capire se godiamo di buona salute.
Per i neonati la frequenza del cuore varia tra gli 80 e 180 bpm, per i bambini tra gli 80 e i 100, per gli adolescenti invece oscilla tra i 70 e i 120 pbm, mentre per gli adulti è tra i 60 e i 90 battiti al minuto.
Ci sono però delle condizioni, più o meno gravi, che possono alterare la frequenza cardiaca, diminuendo o aumentando il numero di battiti cardiaci con conseguenze più o meno serie per la nostra salute.
In questo caso si parla di aritmie del cuore, quelle che comunemente a volte vengono definiti “tuffi al cuore”, sono delle alterazioni della componente “elettrica” del cuore e portano a diverse tipologie di irregolarità del battito cardiaco. Queste alterazioni sono dovute a dei disturbi della formazione e/o conduzione dello stimolo cardiaco, sono molto più diffuse di quanto si possa pensare e possono manifestarsi anche in cuori del tutto sani.
Tra le aritmie più comuni troviamo la bradicardia e la tachicardia.
In generale, quando è molto lenta e scende sotto i livelli minimi ritenuti normali si parla di bradicardia, al contrario, quando il numero di battiti al minuto supera i valori massimi considerati normali si parla di tachicardia.
La bradicardia può manifestarsi anche in modo fisiologico ed è costituita, come anticipato, dal rallentamento del battito cardiaco sotto i livelli normali, ossia sotto ai 50 battiti al minuto.
È abbastanza comune nei soggetti che praticano sport a livello agonistico, e in questi casi non desta particolare preoccupazione. Come conseguenza della bradicardia possono comparire alcuni disturbi o sintomi, più o meno seri come le vertigini e un senso di svenimento, affaticamento e respiro corto, fino a dolori al petto e problemi di confusione mentale.
Nei casi più gravi la bradicardia può diventare una malattia, quando il rallentamento delle pulsioni cardiache è tale da non consentire al cuore di pompare abbastanza sangue nel cervello e negli altri organi che così non ricevono abbastanza ossigeno.
La terapia per curarla dipende dai fattori che l’hanno causata e dalla gravità dei sintomi sofferti dal paziente. Il modo più efficace per scongiurare il manifestarsi della bradicardia è come sempre la prevenzione e ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.
La tachicardia, invece, si manifesta quando la frequenza cardiaca a riposo supera il limite superiore della norma, ossia i 100 bpm nell’individuo adulto. Può essere la manifestazione fisiologica di un normale adattamento del cuore ad un maggiore sforzo fisico o essere un ritmo anomalo dovuto a consumo eccessivo di caffè, alcool o sostanze stupefacenti. In altri casi però, può fungere anche da spia per altre condizioni patologiche ben più serie, la tachicardia quindi non va mai sottovalutata ma tenuta sempre sotto controllo.
La frequenza dei battiti cardiaci, infatti, aumenta in correlazione con alcune malattie, ad esempio febbre, anemia, ipertiroidismo ecc. ma in alcuni casi è collegata a eventi ben più seri come aterosclerosi o insufficienza coronarica e può aumentare il rischio di arresto cardiaco e ictus.
I sintomi più comuni che ci fanno capire che siamo di fronte a una manifestazione di tachicardia sono: palpitazioni (quando possiamo percepire chiaramente battere il nostro cuore), mancamenti, dolore al torace e vertigini.
Un’altra aritmia frequente e per fortuna benigna, è costituita da battiti prematuri o extrasistoli, si ha quando la contrazione cardiaca è determinata da un singolo battito anomalo che ha origine nei ventricoli, spesso non viene avvertita.
Discorso a parte meritano invece le aritmie ventricolari, che possono rappresentare emergenze mediche e richiedono un rapido e corretto intervento sia valutativo che terapeutico.