I farmaci per la pressione rallenterebbero il tumore
Nuovo passo in avanti per la ricerca contro il cancro. La novità arriva dagli Stati Uniti. Sembra che i farmaci beta-bloccanti, solitamente usati per tenere a bada la pressione alta, possono giocare un ruolo fondamentale anche nel rallentamento di alcune gravi forme di tumore. Lo dimostra un nuovo studio pubblicato su Cancer Epidemiology, Biomarkers & […]
Nuovo passo in avanti per la ricerca contro il cancro. La novità arriva dagli Stati Uniti. Sembra che i farmaci beta-bloccanti, solitamente usati per tenere a bada la pressione alta, possono giocare un ruolo fondamentale anche nel rallentamento di alcune gravi forme di tumore. Lo dimostra un nuovo studio pubblicato su Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention. Un team di ricercatori dell’Institute for Behavioral Medicine Research (IBMR) and the Comprehensive Cancer Center dell’Universita’ dell’Ohio, hanno dimostrato che i pazienti affetti da melanoma, i quali stavano al tempo stesso assumendo anche uno specifico beta-bloccante, hanno fatto registrare tassi di mortalità molto più bassa rispetto ai pazienti che non avevano assunto il farmaco. Se i risultati dovessero essere confermati dallo studio clinico che partirà a breve, si tratterebbe sicuramente di una terapia aggiuntiva, oltre quelle già esistenti, per dare una speranza in più agli ammalati di cancro. La ricerca condotta finora ha dimostrato come, quando invece vengono trattate con i beta-bloccanti, le cellule tumorali hanno smesso di produrre le molecole che sono note come stimolanti del flusso di sangue al tumore, le quali sono la causa della crescita, e quindi della promozione di metastasi. “Tra i pazienti con diagnosi di melanoma, quelli che stavano assumendo i beta-bloccanti quando il tumore e’ stato diagnosticato hanno mostrato una sopravvivenza più lunga rispetto ai pazienti che non stavano assumendo il farmaco”, ha detto Lemeshow, preside del College of Public Health presso la Ohio State University. Ha aggiunto inoltre che la loro possibilità di sopravvivenza per questi ammalati, siano migliorate del 19%. La novità he ha entusiasmato particolarmente i ricercatori, consiste nel fatto che questi farmaci sono poco costosi e quindi si configurerebbero come una terapia aggiuntiva per niente invasiva per i pazienti. Non resta quindi che attendere i nuovi studi che a breve partiranno, per appurare la validità di queste ricerche.