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Libri da leggere 2010: Nessun Dolore, una storia di Casapound

Libri di leggere 2010 – Recensioni Nessun Dolore, Una storia di Casapound Domenico Di Tullio, Rizzoli, 2010 Ci sono libri che hanno la capacità di diventare dei piccoli fenomeni editoriali. E’ probabilmente questo il caso di Nessun Dolore, una storia CasaPound. Un libro che sicuramente non piace a chi è amante della catalogalizzazione ad ogni […]

Libri di leggere 2010 – Recensioni

Nessun Dolore, Una storia di Casapound

Domenico Di Tullio, Rizzoli, 2010

Ci sono libri che hanno la capacità di diventare dei piccoli fenomeni editoriali. E’ probabilmente questo il caso di Nessun Dolore, una storia CasaPound. Un libro che sicuramente non piace a chi è amante della catalogalizzazione ad ogni costo. Qualsiasi scaffale sembra proprio stare stretto a Nessun Dolore. Questo libro infatti non starebbe bene tra i testi di politica e non starebbe bene neppure tra i testi che trattano dell’amicizia. Eppure Nessun Dolore ha l’enorme pregio di stare a suo agio sia tra i testi di politica che tra quelli sull’amicizia. E’ proprio questa la caratteristica di questa storia: l’essere completamente al di sopra di ogni schema, come Flavio e Giorgio, i protagonisti di questo secondo libro di Domenico Di Tullio, profondo conoscitore di quel fenomeno esistenziale prima che politico che si chiama Casapound.

Dicevamo degli schemi. Spesso l’essere “oltre” si traduce nell’essere sganciati dalla realtà. Eppure in Nessun Dolore c’è più realtà che in qualsiasi altro best seller che vorrebbe raccontare problemi e problemucci di diciassettenni ma poi finisce col perdersi nell’astratto e nell’assenza di concretezza. Nessun Dolore invece è la concretezza fatta persona, l’inarrestabile voglia di fare e di agire, quasi a voler seguire una sorta di destino che si ha dentro da sempre.
Non occorre essere dei fascisti del terzo millennio (come si definiscono i militanti della Tartaruga) per poter leggere Nessun Dolore, una storia di Casapound. Basta semplicemente essere liberi nello spirito e soprattutto essere moderni. La storia di Domenico di Tullio è una storia splendidamente eppure atrocemente moderna. Giorgio, Flavio e tutto ciò che ruota attorno a Casapound sono infatti rigidamente legati alla realtà in cui operano, non si sganciano mai da questa e in nome di questa cercano soluzioni concrete a problemi concreti. C’è poi l’amicizia, il vincolo di fratellanza, quell’inspiegabile e antiutilitarista pulsione che porta a non lasciare indietro il fratello e accettare anche uno scontro in 5 contro 30. Questo non è utile, direbbe qualcuno ed effettivamente non è utile ma ha il sapore dolce della vita vissuta.

Trama di Nessun Dolore

Flavio è il classico figlio della Roma bene con un destino già scritto da altri per lui. Troppo facile e poco libero. Per questo Flavio decide, inconsciamente,  di riprendersi il suo destino andandogli inesorabilmente incontro. Il suo destino Flavio lo conoscerà attraverso Giorgio, figlio della Roma popolare e militante del Blocco Studentesco, l’organizzazione giovanile di Casapound. L’incontro tra i due non è attorno a un tavolo o nel relax di un bar…ma nell’adrenalina di uno stadio. Grazie a Giorgio, Flavio scopre un mondo diverso che  il suo punto di riferimento in un palazzo occupato all’Esquilino: è Casapound, una casa ma al tempo stesso una concezione del vivere. Da questo momento per Flavio e per Giorgio inizia una vita vissuta gomito a gomito. Una vita fatta di amicizia, di bevute, di volantinaggi, di ragazze, di scontri, di idee politiche come il mutuo sociale. Appunto una vita fatta ossia una vita vissuta. A un certo punto però, tutto sembra incrinarsi: Giorgio viene arrestato per aver tirato una coltellata ad un pusher. Non tutti però credono che la verità sia effettivamente questa…

Una trama avvincente che miscela il più nobile dei sentimenti come l’amicizia ai fatti di cronaca come i celebri scontri di Piazza Navona, in modo perfettamente libero. Un libro che si legge molto velocemente, grazie ad un linguaggio mai fuori posto eppure non ricercato. Un libro che si sbaglierebbe a confinare nello scaffale della politica poichè è sopratutto espressione della gioia di vivere. E la goia di vivere non ha collocazioni politiche.

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