I jeans alla moda uccidono gli operai: sotto accusa la “sabbiatura”
Avere un paio di jeans all’ultimo grido può sembrare semplicissimo: basta recarsi in un negozio di abbigliamento, non necessariamente di alta moda, per averne a disposizione vari modelli anche a prezzi non troppo elevati. I jeans scoloriti, dall’effetto consumato, attirano moltissime persone da ormai molti anni. Ma quanti di noi sono a conoscenza che, per […]
Avere un paio di jeans all’ultimo grido può sembrare semplicissimo: basta recarsi in un negozio di abbigliamento, non necessariamente di alta moda, per averne a disposizione vari modelli anche a prezzi non troppo elevati. I jeans scoloriti, dall’effetto consumato, attirano moltissime persone da ormai molti anni. Ma quanti di noi sono a conoscenza che, per i nostri jeans alla moda, molti operai sono condannati a morire? Sotto accusa è il metodo della “sabbiatura”, o “sandblasting”: sui jeans viene sparata una grande quantità di sabbia ad alta pressione, e in tal modo, oltre a schiarire il denim, si ottiene un effetto consumato che piace soprattutto ai giovani. A logorarsi però non sono solo i jeans. Gli operai addetti alla sabbiatura di questi capi di abbigliamento, in un periodo compreso tra i 6 e i 24 mesi, possono ammalarsi fatalmente di silicosi. Si tratta di una malattia polmonare, per la quale non esiste alcuna cura, e chi ne è affetto non può far altro che attendere la morte.
Causa scatenante della malattia sarebbe l’enorme quantità di silice che si disperde nell’aria durante le operazioni di sabbiatura. La silice è un componente altamente tossico, presente proprio nella sabbia. Inoltre gli operai lavorano spesso senza alcuna protezione, o con una semplice mascherina che non consente di proteggerli dalla minaccia di silicosi. Così, secondo rapporti medici, nel giro di due anni al massimo la maggior parte degli operai addetti alla sabbiatura contrae questa malattia letale, mentre nel settore minerario si riscontrano circa vent’anni d’incubazione prima che si sviluppi la silicosi. Dati sconcertanti, che mettono tutto il mondo di fronte ad un’emergenza: salvare questi lavoratori, che perdono la vita per assicurare jeans alla moda ai giovani, e non solo. Ad opporsi a tale metodo di schiaritura dei jeans sono in particolar modo gli attivisti della campagna internazionale “Abiti puliti”, la quale va avanti ormai da circa un anno. A supporto di tale campagna vi è un forte impegno pubblicitario sul social network Facebook e una petizione firmata da numerosi cittadini. Una domanda però sorge spontanea: cosa ne pensa l’alta moda al riguardo? La risposta arriva prontamente da Gucci, Benetton, Armani, Versace, e non solo, marchi che dichiarano di non utilizzare la sabbiatura come metodo per la schiaritura dei jeans. Pare però che ad evitare il confronto con la campagna “Abiti Puliti” ci siano altri due grandi marchi della moda: Roberto Cavalli e Dolce & Gabbana. Ma il Gruppo Cavalli ha prontamente smentito il suo disinteresse riguardo la questione attraverso un comunicato stampa in cui si dichiara di “non utilizzare più il processo di sabbiatura”. Al contrario, pare che Dolce & Gabbana continui ad evitare il problema della morte degli operai che si occupano del processo di sandblasting. A dichiararlo è l’agenzia Reuters, la quale ha contattato un portavoce del noto marchio di moda per chiedere spiegazioni sulla vicenda, non ricevendo però alcun commento sul caso che sta tenendo impegnati gli attivisti del gruppo “Abiti puliti”. Quest’ultimo ha parole dure nei confronti delle case di moda che evitano il problema invece di cercare una soluzione che tenga insieme moda e salute, definendo il loro comportamento “un atteggiamento lontano dalla responsabilità di impresa che prevedrebbe un’immediata presa in carico del problema che riguarda migliaia di lavoratori a rischio”.
Come in ogni ambito, anche nella moda spesso gli interessi economici sembrano prevalere sui diritti dei lavoratori, che nel caso della sabbiatura mettono a rischio la loro vita per uno stipendio misero. È questo il caso di un diciottenne originario del Bangladesh, affetto ora da silicosi, la cui testimonianza è tra quelle raccolte dalla BBC in vista della campagna sulle conseguenze del sandblasting per gli operai: “Ho difficoltà a respirare – dice il giovane – Quando ritorno dal lavoro mi sento esausto, gli occhi mi fanno male per tutta quella polvere”. Queste parole dovrebbero far riflettere marchi come Dolce & Gabbana sull’importanza della lotta portata avanti da “Abiti puliti”.