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Vivisezione, test inutili e crudeli? Perché dire no alla sperimentazione animale (FOTO)

Sperimentazione animale e vivisezione, perché dire di no? Ecco alcune testimonianze a favore della ricerca alternativa

Iniziamo con il parlare del significato dei termini “vivisezione” e “sperimentazione animale”: cosa vogliono dire? Parlando di “sperimentazione animale” si intende, principalmente, l’utilizzo – è brutto a dirsi, ma è così… “utilizzo” come se si parlasse di oggetti e non di esseri viventi senzienti – degli animali a scopo di studio e di ricerca in campo medico; il termine “vivisezione“, solitamente, sta ad indicare quelle pratiche che portano al dolore ed alla morte della cavie in esame. Spesso la parola “vivisezione” è sinonimo di “sperimentazione animale” ed anche l’Enciclopedia Britannica parla della vivisezione riferendosi ad ogni tipo di sperimentazione animale perché, in effetti, è ciò che è: il dolore e la tortura provocati non cambiano a seconda dello scopo per cui si porta avanti questa pratica.
Già da diverso tempo, si combattono battaglie contro la sperimentazione animale, in quanto considerata crudele ed inutile: inutile perché, come spiegato anche da Vanna Brocca – direttore responsabile del giornale della LEAL – su Il Fatto Quotidiano di qualche tempo fa, spesso i risultati ottenuti sono fuorvianti: basti pensare che il nostro organismo differisce da quello degli animali e che i test non possono, dunque, garantire la sicurezza anche per gli esseri umani. Caso eclatante è quello, ad esempio, del fumo: le sigarette sono state messe in vendita perché si credevano innocue per la salute dell’uomo, in quanto alcuni test lo avevano fatto credere e si sono, poi, rivelate altamente cancerogene per l’uomo. Il cortisone, poi, nuoce agli embrioni di molte specie animali, ma non all’uomo e, per questa ragione, sono diversi gli scienziati che hanno iniziato a porsi domande in merito e a cercare, per fortuna, vie alternative alla sperimentazione animale.

Il neurologo della Emory University di Atlanta – in Georgia, negli USA – specializzato nello studio della sclerosi laterale amiotrofica, Michael Benatar, ha dichiarato all’importante rivista Nature: “Ma la disperazione che talvolta avvertiamo non è un buon motivo per continuare ad utilizzare un modello inadeguato. La verità è che ci comportiamo come il proverbiale ubriacone che si ostina a cercare le chiavi di casa sotto al lampione solo perché lì c’è più luce“, Benatar ha spiegato riferendosi all’ostinazione circa l’utilizzo di animali come cavie.

L’aspirina, poi, se nel 1899 fosse stata sperimentata sugli animali, non l’avremmo mai conosciuta, in quanto nociva per gli animali, ma non per l’uomo: è, infatti, la causa di gravi malformazioni negli embrioni di cani, gatti e via dicendo; oltre che irritante per la pelle e le vie respiratorie. La talidomide provocò la nascita di più di 10 mila bimbi deformi, in quanto non provoca danni su molte specie animali e diversi altri medicinali hanno fatto migliaia di morti, perché avevano superato i test condotti sugli animali.

Thomas Hartung – uno dei più importanti tossicologi del mondo – suscitò scalpore, qualche anno fa, per aver dichiarato che gli esseri umani non sono ratti di 70kg. Claude Reiss – esperto francese di biologia molecolare – sostiene che i test siano, per l’appunto, inutili e dannosi ed anche il noto British Medical Journal, qualche anno fa, si chiedeva dove siano le prove che le sperimentazioni animali portino realmente benefici alla medicina.

Marco Mamone Capria – matematico ed epistemologo all’Università di Perugia, nonché presidente dell’associazione Hans Ruesch – ha spiegato all’Huffington Post: “I risultati che escono dai laboratori di vivisezione sono frequentemente ambigui e scarsamente riproducibili: è una materia molto dibattuta nel mondo della ricerca biomedica, anche se giornali e televisioni ne parlano pochissimo o per niente” e racconta di uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, dal quale si evince come sia rischioso per l’essere umano continuare ad utilizzare topi per la cura di malattie infiammatorie; anche sul New York Times si parlò delle difficoltà che questi ricercatori incontrarono per ottenere che il loro studio venisse pubblicato.

Ci si interroga da diversi anni, dunque, sulla reale utilità della vivisezione in campo medico, soprattutto tenendo conto delle numerose morti che hanno portato gli errori avvenuti in campo tossicologico: secondo i dati diffusi dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti, ad esempio, risulta che ben il 92 per cento dei farmaci risultati sicuri durante i test su animali sono falliti, successivamente, nelle fasi cliniche.

Intanto, dopo il caso di Caterina Simonsen, su Facebook ci si chiede come mai la ragazza – affetta da 4 malattie rare e pronunciatasi a favore della sperimentazione animale – porti lo stesso nome dei Simonsen Laboratories; laboratori che effettuano numerosi esperimenti sugli animali: gli animalisti chiedono chiarimenti in merito perché – come scrivono – “domandare è lecito, rispondere è cortesia“. Diverse sono, inoltre, le testimonianze di ragazze affette da sclerosi multipla, diabete ed altre malattie che si sono dette contrarie alla vivisezione, fotografandosi con cartelloni per diffondere il loro messaggio sul web e far capire che bisogna investire su metodi alternativi, perché bisognerebbe immedesimarci di più negli altri e capire che tutti gli esseri viventi tremano di fronte alla violenza e che tutti hanno tremendamente paura della morte.



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