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Sanremo 2023: il monologo di Paola Egonu fra razzismo e amore per l’Italia, il testo

Paola Egonu si è raccontata a cuore aperto al pubblico del Festival di Sanremo: il suo monologo

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La stampa se n’è incuriosita, una certa fazione politica invece ne era infastidita. In ogni caso, il Festival di Sanremo 2023 è andato avanti per la sua strada e – come previsto – anche Paola Egonu ha avuto il suo spazio per raccontarci la sua storia attraverso il tradizionale appuntamento del monologo nel corso della terza serata della kermesse del 9 febbraio 2023.

La pallavolista azzurra ha affrontato il tema del razzismo senza generalizzare, raccontando la sua esperienza personale, condendo il racconto con un paragone: quello dei bicchieri colorati che contengono la stessa acqua. Paola Egonu ha parlato anche della sua difficile infanzia vissuta e delle sconfitte che spesso siamo costretti ad affrontare nella vita. Leggiamo il monologo di Paola Egonu nel prossimo paragrafo.

Sanremo 2023: il monologo di Paola Egonu

Qui di seguito, il testo del monologo di Paola Egonu recitato nel corso della terza serata del Festival di Sanremo 2023 del 9 febbraio:

“Questa sera non sono qui a dare lezioni di vita, preferisco imparare che insegnare, perché ogni giorno cerco di ricavare un insegnamento dalla vita. In passato sono stata spesso definitiva ermetica, per cui nel tempo ho cercato di raccontarmi di più, cercando di ridurre al minimo lo spazio di interpretazione. Le mie frasi sono state spesso estrapolate per fare titoli che facessero rumore. Ogni pensiero, una volta che viene condiviso con gli altri, non è più sotto il mio controllo. Ma bisogna sempre risalire all’originale.

Sono la prima di tre fratelli e ringrazierò sempre i miei i genitori che mi hanno insegnato che se vuoi qualcosa devi guadagnartelo senza temere i sacrifici. Mi hanno aiutato a trovare mio percorso, è stata dura perché sono dovuta andare via da casa a tredici anni. E io, che sogno di diventare madre, immagino quanto possa essere difficile vedere una figlia allontanarsi. Mamma, papà, le vostre carezze mi sono mancate e mi mancheranno ancora. Ma questa è la mia strada.

Sin da piccola mi dicevano che ero troppo alta, e mi chiedevano come mai mio nonno fosse della Nigeria. Mi sentivo diversa, come se fosse una colpa. E io, che mi ero sempre punita dando una precisa versione di me stessa, oggi penso che proprio la diversità è la nostra unicità. Io sono io perché io sono io. Sono quella che si espressa senza filtri sul tema del razzismo. Se vedete una serie di bicchieri pieni d’acqua, di diversi colori, le persone scelgono sempre quello con l’acqua trasparente, perché è più limpida. Ma ogni colore è fresco e sa di vita: siamo tutti uguali oltre le apparenze.

Lo sport mi ha dato tanto. Ho capito che la sconfitta non è solo quando perdi una partita. Anche quando non faccio bene il mio lavoro in una partita vittoriosa io mi sento sconfitta. Devo ancora imparare ad accettare l’errore. La palla che scotta che devo schiacciare per il punto decisivo è il motivo per cui sono lì. Le critiche mi hanno sempre accompagnato, alcune sono state costruttive, altre sono state dei macigni. Sta a noi dare il giusto peso. Come tutti ho dovuto affrontare tanti momenti brutti, ma porto nel cuore quelli belli. Sono stata accusata di vittimismo per aver mostrato le mie debolezze e paure.

Amo l’Italia e la maglia azzurra è la più bella al mondo. Ho un profondo senso di responsabilità verso questo Paese. Ho spesso sbagliato appuntamenti importanti, sono più le finali che ho perso rispetto a quelle che ho vinto. Ma non mi sento una perdente. Così come non deve sentirsi un perdente chi prende il voto più basso a scuola, e nemmeno chi arriva ultimo a Sanremo. Era il 1983 quando Vasco Rossi arrivò in fondo alla classifica del Festival. Ma lui ci ha insegnato che è dalle sconfitte più brutte che nascono le vittorie più belle, ognuno a suo modo, ognuno diverso.

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