Massimiliano Gallo, il rimpianto per i genitori: “Sono andati via prima”
Si commuove Massimiliano Gallo, a Domenica In più volte asciuga gli occhi parlando dei suoi genitori
E’ un momento bellissimo per Massimiliano Gallo, grandi emozioni per tutto ciò che sta raccogliendo dopo anni e anni di gavetta. Ha iniziato a 5 anni con sua madre che dopo avere fatto l’attrice aveva creato una compagnia teatrale con i piccoli: “Ci trattava come i grandi… d’estate mi permettevano di fare l’attore… mi hanno fatto studiare… ho fatto con papà (Nunzio Gallo) tanti mestieri” sempre dietro le quinte. Un’esperienza che porta adesso in giro per i teatri e sullo schermo. Il cinema è arrivato nel 2008 con Marco Risi e oggi anche a Domenica In, ma ovunque. Il suo lato artistico viene dai suoi genitori, entrambi, viene tutto da loro: “Vengo da una famiglia d’arte tra canto e cinema. Lui è stato sempre un padre molto amorevole, cercava di dare una grande qualità nei rapporti. Mia madre aveva cominciato con Taranto, poi il teatro dei piccoli e io ero il protagonista di questi spettacoli e da lì non mi sono mai fermato“.
Il rimpianto che fa piangere Massimiliano Gallo
Ha un rimpianto, i suoi non sono riusciti a vederlo nel passaggio al successo. “Loro se ne sono andati via prima, papà nel 2008 e non è riuscito a vedere nemmeno il primo film, mamma sì ma poi dopo Marco Risi mi chiamò Ferzan per fare Mine Vaganti ma io andai a Berlino con lui per il film e quando sono tornato mia mamma non ce l’ha fatta a vedermi”. Si commuove Massimiliano Gallo, spera che come dice Mara Venier loro dal cielo possano vedere tutto.
“Saranno molto orgogliosi di te ma al di là del talento è per la persona che sei”. Le immagini di suo padre, Nunzio Gallo, al Musichiere, a Sanremo, in tante competizioni vinte. “Papà ci faceva racconti come se fossero cose normali, ci raccontava di Anna Magnani, di Totò, un’infanzia incredibile, un mito, era difficile poi gestire le cose. Mi sono reso conto dopo anni di terapia che ero arrabbiato con mio padre perché non gli perdonavo di essere invecchiato. Per me era un mito, non riuscivo a vederlo a casa sulla poltrona come una persona normale, non lo accettavo, egoisticamente da figlio, fortunatamente l’ho capito poi in tempo”.