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Sanremo 2020: Rula Jebreal, standing ovation per il suo monologo

Diretto e toccante il monologo di Rula Jebreal a Sanremo 2020: ecco cosa ha raccontato

Dopo il monologo di Diletta Leotta (non proprio apprezzatissimo a dire il vero), a Sanremo 2020 è arrivato il momento del tanto atteso spazio di Rula Jebreal: la giornalista si è lasciata accompagnare da due legii sul palco per raccontare una storia che lei stessa ha definito “quella di un’emergenza nazionale, ma che è anche internazionale. Molte donne, ad esempio, vengono messe in prigione solo perché chiedono il diritto al voto in Arabia Saudita. È un tema apartitico, culturale e importante…”.

Sanremo 2020: il monologo di Rula Jebreal

Come già detto, la giornalista Rula Jebreal si è avvalsa di due legii per raccontare la visione giusta e la visione sbagliata delle donne che ha la società di oggi. A rappresentare i due mondi, ci sono ovviamente un libro nero e un libro bianco.

Il suo discorso si è aperto con alcune fra le frasi più comuni che le donne si sentono dire quando vengono interrogate dopo esser state vittime di violenze: “Lei aveva la biancheria intima quella sera? Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina? Lei trova sexy gli uomini che indossano i jeans? Se le donne non vogliono essere sfruttare, devono smetterla di vestirsi da poco di buono“.

Il lungo monologo si estende su moti temi, denunciando le violenze domestiche: “Ogni 3 giorni viene uccisa una donna, 6 donne sono state uccise la scorsa settimana. E nell’85% dei casi, il carnefice non ha bisogno di bussare alla porta per un motivo molto semplice: ha le chiavi di casa. Ci sono le sue impronte sullo zerbino, l’ombra delle sue labbra sul bicchiere in cucina”.

Momento toccante quando la giornalista ha raccontato la storia di sua madre: Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando avevo 5 anni. Si è suicidata dandosi fuoco. Ma il dolore era una fiamma lenta che aveva cominciato a salire e ad annerirle i vestiti quando era solo un’adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura. Mia madre Nadia fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal Sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano di più quando non si è creduti. L’uomo che l’ha violentata per anni, il cui ricordo incancellabile era con lei, mentre le fiamme mangiavano il suo corpo, aveva le chiavi di casa“.

La struggente storia è stata raccontata davanti agli occhi della figlia della Jebreal, seduta in platea e visibilmente commossa. Dal libro nero arriva anche la storia di Franca Rame, storia già raccontata dall’attrice da un noto monologo. Poi un monito: “Domani chiedetevi pure al bar: Com’era vestita Rula? Che non si chieda mai più a una donna che è stata stuprata: com’era vestita, lei, quella notte?”.

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