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Paolo Borsellino- Adesso tocca a me in prima visione su Rai1: Cesare Bocci nei panni del giudice

Paolo Borsellino- Adesso tocca a me in prima visione su Rai1: Cesare Bocci nei panni del giudice. A 25 anni dalla strage di via d'Amelio la Rai ricorda ancora il giudice

Una serata speciale quella del 19 luglio 2017 per il pubblico di Rai1 ma in generale per tutti gli italiani che sono invitati a seguire una docu fiction molto emozionante. Parliamo di Paolo Borsellino-Adesso tocca a me, la fiction che racconta la storia del giudice Paolo Borsellino. Uno straordinario Cesare Bocci, veste i panni del giudice Paolo Borsellino, una storia raccontata da un punto di vista diverso che ci permetterà di tenere vivo il ricordo di due uomini che sono morti per amore della loro patria, del loro paese. Venticinque anni fa, il 19 luglio del 1992, meno di due mesi dopo la strage di Capaci, la mafia uccide Paolo Borsellino. Il giudice era consapevole che “il prossimo” sarebbe stato lui, come confidò alla moglie, ma sosteneva che la paura deve essere sempre accompagnata dal coraggio, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti. Sono le parole che ci conducono in questo intenso ritratto biografico: storico e umano, epico e intimo. Il docufilm si apre con la strage di via D’Amelio e attraverso i ricordi di Antonio Vullo – unico superstite dell’attentato – ricompone una storia decisamente complessa e articolata. Con il contributo di testimonianze e interviste, arricchito da ricostruzioni e filmati dell’epoca si è cercato di dare conto di tutti gli aspetti della “vicenda Borsellino” fino a quanto stabilito nel primo grado dell’ultimo processo, il cosiddetto “Borsellino Quater”, anche dei dubbi che rimangono sulle motivazioni del suo omicidio e della scomparsa della famosa agenda rossa. Un racconto intenso, declinato attraverso il linguaggio della docufiction, che ci restituisce l’immagine di un eroe della nostra recente storia nazionale e la consapevolezza che i valori civili che ha incarnato devono costantemente essere tenuti vivi nella nostra memoria. Un appuntamento da non perdere in questa calda estate, non dobbiamo dimenticare e per farlo dobbiamo continuare a vivere nel presente ancorati a quello che è stato.

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Francesco Miccichè spiega quale sarà il punto di vista con il quale si racconterà questa storia:

Abbiamo deciso di raccontare la tragica fine del giudice Paolo Borsellino e degli agenti Claudio Traina, Agostino Catalano, Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Li Muli, attraverso il punto di vista dell’unico sopravvissuto all’attentato, l’agente Antonio Vullo. In quei fatidici 57 giorni, che vanno dalla strage di Capaci a quella di Via d’Amelio, Antonio è stato uno degli angeli di Borsellino. Solo grazie ad una fatalità quel giorno è sopravvissuto. Quando è esplosa la 126 stava facendo manovra su un’auto blindata e questo lo ha salvato. I suoi compagni e il giudice che erano invece all’esterno, senza difese, sono stati travolti dall’esplosione. Il proprio fortunato destino Antonio l’ha vissuto e lo vive tutt’oggi come una colpa. Quando lo abbiamo conosciuto, abbiamo subito capito che Antonio è un uomo semplice e tranquillo, per questo non ha mai fatto pubblicità alla propria condizione di reduce, per questo in tutti questi anni si tiene in disparte e non ama essere al centro dell’attenzione quando si ricorda la strage. Lui, assieme alla famiglia Borsellino e agli altri familiari, dopo via d’Amelio è stato testimone di 25 anni di peripezie investigative e giudiziarie che di fatto hanno allontanato il raggiungimento della verità. Oggi Antonio ha accettato di raccontare la storia dal suo punto di vista perché, proprio come tutti i familiari delle vittime, vuole la verità per sapere perché e chi ha spezzato la vita delle sei persone che erano con lui quel maledetto 19 luglio. Ricordare questa storia significa per lui ricordare che dopo tutti questi anni ancora non è tutto chiarito. L’altro fondamentale incontro che ci ha aiutato a costruire la nostra docufiction è stato con Manfredi Borsellino, il figlio del giudice, oggi dirigente del Commissariato di Cefalù. Che lui abbia deciso di diventare un poliziotto nonostante tutto quello che è accaduto sia prima che dopo la strage, sembra quasi un paradosso ma spiega molto bene chi è Manfredi e il profondo senso delle istituzioni che ha ereditato dal padre. Gli ultimi 57 giorni del giudice Borsellino sono sempre stati raccontati come la storia di un uomo votato al sacrificio, un eroe pronto al martirio dopo l’uccisione del suo amico e collega Giovanni Falcone. Manfredi ci ha aiutato a capire che la realtà è stata più complessa.

“La paura è normale che ci sia, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, sennò diventa un ostacolo che t’impedisce di andare avanti” (Paolo Borsellino)

Appuntamento a mercoledì sera con la docu fiction in una puntata in onda su Rai1 alle 21,20.



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