Ciao Darwin torna in tv con il trionfo di lati b in bella mostra e non solo, fa ridere ancora?
La nostra recensione dopo la prima puntata di Ciao Darwin un programma che vede il trionfo del lato b: ma fa ancora ridere?
Oggi ci poniamo una domandina molto semplice: Ciao Darwin fa ridere ancora? Ieri abbiamo visto la prima puntata della settima edizione del programma di Paolo Bonolis, non conosciamo ancora i dati auditel e non sappiamo quanti milioni di spettatori ci fossero davanti al teleschermo. Possiamo però dire che noi c’eravamo con l’entusiasmo del bambino che non vede l’ora di scoprire quale sorpresa c’è nel suo uovo di Pasqua, visti i tempi. Quell’entusiasmo non è durato neppure fino alla discesa di madre natura perchè purtroppo avevamo capito quello che ci sarebbe toccato: una serata davvero improponibile in compagnia di un programma che è stato riproposto esattamente come lo avevamo lasciato senza il cambiamenti di una virgola, senza nulla che ci riportasse ai nostri giorni anzi, quella macchina del tempo servita ai concorrenti per tornare indietro, noi ce l’abbiamo avuta nelle nostre case. Siamo stati catapultati nelle vecchie edizioni di Ciao Darwin come se in questi anni non fosse cambiato nulla tutto all’insegna di quel lato b da vedere in bella mostra ( sceglieteli meglio perchè la cellulite abbondava), di parolacce, di inutilità, di doppi sensi, di arretratezza. Abbiamo immaginato un turista che per sbaglio ieri mentre era al ristorante si è beccato Ciao Darwin, cosa avrà pensato? Non nascondiamoci dietro la genialità del conduttore che resta di sicuro ma è ormai datata nel tempo e non fa più ridere se non sbavare i presenti in studio, ovviamente selezionati per bene perchè chi ha un minimo di materia grigia non può ancora sbavare in quel modo di fronte a un lato b inquadrato come se non ci fosse altro al mondo.
Probabilmente Ciao Darwin andrà benissimo in ascolti ( confidiamo nella bontà dei telespettatori che hanno scelto di seguire l’ennesima replica di Montalbano) perchè forse, solo se gli ascolti non andassero bene, si troverebbe il coraggio di ammettere che questo ritorno, così come lo si è presentato, è praticamente inutile.
Ciao Darwin non fa ridere, ti fa sorridere con quell’amaro in bocca di chi si rende conto di quanto sia brutto a volte essere normali e allo stesso tempo di come per alcuni “diversi” gli altri paghino la loro ricerca di una apparente normalità. E qui viene il vero nocciolo della questione: forse Ciao Darwin non deve farci ridere, un pò come i film di Checco Zalone, deve solo farci capire a che punto siamo arrivati, farci riflettere sulla possibilità che ci sia un punto di ritorno o se siamo già arrivati a quello di non ritorno. Se l’obiettivo fosse questo, lo si sarebbe centrato.
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