Inventing Anna: la storia vera di un grande fake. Quando l’apparenza è tutto
Dall'11 febbraio è sbarcata su Netflix la nuova serie di Shonda Rhimes dal titolo Inventing Anna che racconta una storia incredibilmente vera. La nostra recensione
Accento dell’est, una borsa firmata, occhiali da sole da migliaia di dollari, il perfetto abbinamento tra scarpe e foulard; qualche nozione sul mondo dell’arte, una buona dose di faccia tosta e una conoscenza impeccabile della carta dei vini: può bastare tutto questo a fare di una ragazza di 26 anni una perfetta ereditiera con cui tutti vogliono fare amicizia, vogliono fare affari, vogliono allacciare rapporti? A quanto pare si ed è da queste premesse che prende il via la storia di Anna Delvey protagonista della nuova serie di Shonda Rhimes, Inventing Anna. Una ragazzina di 25 anni arrivata a New York capace di mettersi in contatto con banchieri, con investitori, con avvocati dalla parcella oraria che supera i 2000 dollari. Affascinante, non bellissima, una bambolina quasi perfetta ma impenetrabile. Ha fatto il giro del mondo Anna, usando i soldi degli altri, incredibilmente, senza mai dover chiedere, perchè erano gli altri a proporsi per lei. Tra inviti, gioco della carta di credito del sorteggio per chi paga: Anna ha vissuto una vita a 5 stelle non avendo che pochi dollari in tasca, ma lasciando che tutti credessero che in realtà, alle sue spalle, aveva un fondo da 60 milioni di dollari. Una verità costruita così tanto bene, che la stessa Anna ci credeva.
E’ questa la sintesi della storia raccontata nella nuova serie Netflix, 9 episodi lunghi più di 60 minuti, che ci invitano a riflettere. E forse non tanto sulla questione centrale: perchè Anna è stata portata a compiere truffe così ingenti, ma come sia stato possibile che decine di persone, include menti eccelse, laureati a Yale e Harvard, abbiano potuto quasi prostrarsi ai piedi di questa ventenne.
La storia di Anna Delvey è la vera storia di Anna Sorokin
E’ tutto, vero, tutto reale. La storia di Anna raccontata nella serie, è la storia di Anna Sorokin venuta a galla tra il 2021 e il 2018 grazie al lavoro di una giornalista che ha provato a scavare tra passato e presente della ragazza, per scoprire la verità su questa assurda vicenda. Anna, come si può leggere nei tanti articoli in lingua inglese o tedesca che raccontano la sua storia, è realmente esistita ed è stata condannata per otto capi di imputazione come truffa, furto di servizi e altri reati. Ha passato 40 mesi in carcere e al momento, si trova ancora negli Stati Uniti, in attesa di essere espulsa per tornare nel suo paese.
10 i mesi che sono sono bastati ad Anna per truffare mezza Manhattan. Una New York che non dorme mai, che corre troppo veloce per porsi delle domande, che si basa sul “hai sentito”, “me l’ha detto”, “ti presento“. La serie, basata su un articolo di Jessica Pressler intitolato How Anna Delvey Tricked New York’s Party People e pubblicato sul New York Magazine è arrivata in streaming su Netflix da pochi giorni ed è stazionaria nella top 10 delle serie più viste in Italia. Vanno di moda in questo periodo a quanto pare le truffe. Proprio in questi giorni, sempre in Italia, era entrato in top ten un altro racconto reale, quello del Truffatore di Tinder.
La domanda quindi resta sempre la stessa: come è possibile truffare centinaia di persone? Anna non ha truffato uomini che si sono illusi di essere amati da lei. Non siamo di fronte a dipendenze affettive in questo senso, a truffe amorose. E non ci sono dipendenze in questo senso, neppure da parte degli amici o delle amiche di Anna. Lei non chiedeva mai, erano gli altri o le altre, che per imbarazzo, per presunzione, tiravano fuori la carta di credito e pagavano. Certo poi Anna, con i suoi bonifici immaginari, faceva il resto. Oggi di quel mondo fatto di abiti firmati, di sfilate, di viaggi in yatch e voli su jet privati, non è rimasto nulla. Per permettere che la sua storia fosse raccontata da Netflix, la Sorokin avrebbe guadagnato circa 300 mila dollari, ma tolto il denaro dei soldi che doveva ridare indietro e quello da dare ai suoi legali, ad Anna sarebbero rimasti poco meno di 20 mila dollari. Una cifra comunque di non poco conto per una ragazza che ha trascorso gli ultimi tre anni e mezzo della sua vita in carcere. Netflix avrebbe potuto non sborsare un solo euro per questa storia: aveva tutto il materiale utile per narrare le gesta di Anna. Ma si è assicurato, con quella cifra, una esclusiva importante. Qualsiasi altro capitolo di questa vicenda, se mai ci sarà, porterà il logo rosso di Netflix inciso sopra.
Che cosa ci lascia la storia di Anna
In Italia la serie è stata accolta in modo diverso. Non sono mancate le critiche ( in un pezzo di Today, la serie viene definita come la peggiore scritta e prodotta da Shonda Rhimes, non se ne salva nulla, nè il cats, nè la storia) ma anche gli apprezzamenti. Nel mondo, prima che la storia di Anna diventasse una serie, tutti hanno realmente parlato di questa vicenda restandone in qualche modo affascinati, nel bene o nel male. Quello che più colpisce in queste vicende è anche l’immedesimarsi dello spettatore che dal divano di casa o leggendo l’articolo in poltrona sentenzia: “Io non ci sarei mai cascato”. Ne siete sicuri?
La parola chiave di questa serie per noi però non è TRUFFA. La parola chiave della storia raccontata in Inventing Anna è un’altra. E’ APPARENZA. Tutto si basa su quello che mostri e non su quello che sei. Nessuno ha provato ad andare oltre. Di Anna, i suoi amici e le sue amiche, non sapevano praticamente nulla. Ed è un concetto chiave che si scopre pian piano. Nel racconto, quando Anna si presenta a chiedere la collaborazione a uno dei migliori architetti al mondo, si sente dire di no. Succede lo stesso quando va dalla migliore gallerista di New York e via dicendo. Poi basta un incontro, una telefonata, un aperitivo e tutto cambia. “Anna ti conoscono tutti, tutti mi parlano di te” sono solo alcune delle frasi che ci mostrano come a certe latitudini, poco importi la sostanza ma tanto l’apparenza. Ed è la stessa Anna che possa bastare la sua parola. Neppure si rende conto che prima di darle i 40 milioni di dollari, qualcuno sarebbe andato realmente in Germania in banca, per controllare il suo fondo fiduciario. Nel suo mondo fatto di abiti firmati e scarpe da milioni di dollari, non c’è spazio per l’approfondimento. Anna è così assuefatta dalle bugie che ha raccontato agli altri, di crederci e di pensare che realmente, il mondo che lei ha costruito esista. Ma non c’è nulla di vero nelle sue parole, sono una mente geniale, o forse malata, che ha messo in piedi, una truffa.
“Tutti ti valutano per quello che appari. Pochi comprendono quel che tu sei.” ( Niccolò Machiavelli)
In questa triste, tristissima vicenda, un ruolo chiave lo giocano senza ombra di dubbio i social. Nell’era del successo globale di Kim Kardashian e delle vere influencer che fatturano milioni e milioni di dollari all’anno, non si va oltre quel cuoricino su Instagram. Se ha un selfie in quell’albergo da 10 mila dollari a notte, di certo potrà permettersi di pagare un volo su un jet privato, anche se il bonifico non è arrivato. Mostri la tua finzione, per avere qualcosa di reale in mano. Come un effetto domino che ti travolge, senza che nessuno possa fermare le pedine. Fino a quando, l’apparenza diventa sostanza e di concreto si scopre, non esserci praticamente nulla.
«La vita di tutti è perfettamente curata per i social media. Non vuol dire che sia vero. Le persone erano false. Le persone sono false. E i soldi spesso sono fatti solo grazie al fascino che sta dietro a un fenomeno» ha detto l’avvocato di Anna nella sua arringa che ha permesso alla ragazza di non essere accusata per tutti i capi di imputazione. Ed è proprio vero, e ci invita a riflettere su come anche il denaro, giochi da sempre un ruolo chiave in queste vicende. Bastano mance di 100 dollari per farci dimenticare, per farci innamorare, per farci infrangere una regola. Il fascino di Anna però non era nel suo denaro era nel come si raccontava. Perchè alla base di questa truffa, c’era una ragazza di 26 anni che sognava in grande e nel suo sogno ci hanno creduto in tanti. Per motivi economici, per motivi di prestigio. Tutte persone che si sono fermate all’apparenza, che non sono andate oltre gli occhiali da sole scuri dietro i quali spesso Anna proteggeva quello sguardo glaciale che l’ha resa per molti angelo e demone allo stesso tempo.