La moglie di Giorgio Faletti commuove parlando dei suoi ultimi giorni
Mai un attimo di sconforto o di rabbia ma grato alla vita nonostante il cancro; Roberta Bellessini ricorda suo marito Giorgio Faletti a quasi un mese dalla sua morte
Un amore durato quattordici anni quello tra Giorgio Faletti e Roberta Bellesini, un legame speciale che si è spezzato con la morte del comico e scrittore avvenuta quasi un mese fa. Faletti è andato via troppo presto, aveva 63 anni, sua moglie che ne ha venti di meno oggi racconta all’amico Luca Bianchini per Vanity Fair gli ultimi giorni di suo marito, la forza e la gioia di aver vissuto tutto intensamente.
Mai un momento di sconforto e di rabbia per lui, confida Roberta Bellesini, che racconta tutto partendo dal loro primo appuntamento.
Per il primo invito a cena era lei ad avere paura di non avere argomenti di conversazione, poi ha scoperto di essere lei la più adulta.
Nel 2002 Roberta ha dovuto affrontare una paura enorme, prendere la decisione giusta, quella che poi ha salvato la vita a suo marito. Lo trovò disteso sul letto colpito da un ictus: “Ebbi la lucidità di descrivere bene i sintomi al pronto soccorso, per cui lo portarono al Niguarda. Poco dopo, però, dovetti prendere la decisione più difficile della mia vita. C’era un farmaco che poteva sbloccare la situazione, ma in Italia era ancora in via sperimentale. E, non sapendo bene da quanto tempo Giorgio era in coma, avrebbe potuto essere letale. Più il tempo passava, più aumentava il rischio. Il medico mi lasciò dieci minuti per decidere, e io rischiai. Ho sempre pensato che per avere risultati si debbano correre rischi”.
Andò tutto bene e quando Giorgio seppe ogni cosa le chiese di sposarlo.
A gennaio 2014 il cancro… L’hanno scoperto per caso, poi la decisione di curarsi in America, ma più che altro per avere privacy. Però nell’ultimo mese tutto è andato in malora: “Ha iniziato a non sentirsi più bene…faticava a camminare..a parlare…”.
Poi aggiunge: “Era il 20 giugno. Lui aveva già deciso di tornare per fare la radioterapia in Italia, ma sono sicura che in cuor suo avesse capito che non c’era più nulla da fare. Desiderava tantissimo tornare in Italia, lo desiderava con tutto se stesso. Tant’è che ha tenuto duro fino a che siamo arrivati qui. Poi ha mollato. Vorrei però che tutti sapessero che non ha mai avuto un momento di rabbia o di sconforto. Mi diceva: “Comunque vadano le cose, io ho avuto una vita che altri avrebbero bisogno di tre per provare le stesse emozioni. E se penso che sarei dovuto morire nel 2002 e in questi 12 anni ho fatto le cose a cui tenevo di più, devo ritenermi l’uomo più fortunato del mondo“.
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