Maturità 2016, Mio padre è stato per me “l’assassino”: per analizzare il rapporto padre figlio
Maturità 2016, Mio padre è stato per me "l'assassino" la poesia di Saba per analizzare il rapporto padre figlio
Mio padre è stato per me “l’assassino” è questo il brano di Umberto Saba che gli studenti hanno trovato nella prima prova per la maturità 2016 e che dovranno analizzare per parlare del rapporto padre figlio. Dal brano di Saba dovranno partire per analizzare nel tempo e nella storia, il rapporto che c’è tra il padre e i suoi figli, ovviamente si intende in generale figli sia uomo che donna. In questa poesia Saba parla di come il rapporto tra i suoi genitori fosse difficile ma anche di come entrambi avessero delle doti speciali che lui trovava interessanti. Non erano fatti per stare insieme, sua madre odiava suo padre ma non per questo il nostro autore, non considerava invece la possibilità di avere un buon rapporto con suo padre. Al contrario, in questo sonetto l’autore sottolinea come sua madre avesse il ruolo di “dura” della situazione mentre il padre ricoprisse un ruolo ben diverso. Nella donna si identifica quindi il pugno di ferro mentre la figura del padre rappresenta per Saba la leggerezza. in questa poesia di Saba, in cui si analizza anche il rapporto tra padre e figlio, la figura del padre viene paragonata a quella di un bambino che non pensa a quanto sia pesante la vita ma affronta tutto con grande curiosità e spensieratezza. Un contrasto in questo rapporto visto che Saba parla di suo padre come di un assassino; la parola è messa tra virgolette perchè ovviamente ha un significato diverso per l’autore. Per Saba infatti l’amore per le poesie fu trasmesso proprio dal padre e forse questa è una sua grande colpa.
IL TESTO DELLA POESIA DI SABA
Mio padre è stato per me “l’assassino”
Mio padre è stato per me “l’assassino”;
fino ai vent’anni che l’ho conosciuto.
Allora ho visto ch’egli era un bambino,
e che il dono ch’io ho da lui l’ho avuto.
Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
Andò sempre pel mondo pellegrino;
più d’una donna l’ha amato e pasciuto.
Egli era gaio e leggero; mia madre
tutti sentiva della vita i pesi.
Di mano ei gli sfuggì come un pallone.
“Non somigliare – ammoniva – a tuo padre”:
ed io più tardi in me stesso lo intesi:
Eran due razze in antica tenzone.
È il terzo componimento dell’Autobiografia, una raccolta di quindici sonetti pubblicata nel 1923 sulla rivista Primo Tempo e poi confluita nel Canzoniere, in cui il poeta ricostruisce le fasi fondamentali della sua vita e ne delinea i momenti più importanti: la nascita, la madre ebrea, il padre “assassino”, il ghetto, la vita militare, l’amore per la moglie, l’attività di libraio antiquario. Come per gli altri sonetti, il primo verso della poesia introduce la tappa del percorso autobiografico che l’autore intende interpretare retrospettivamente: in questo caso si tratta del rapporto con la figura paterna, che Saba incontra per la prima volta a vent’anni, scoprendolo libero, infantile, dolce e molto più simile a lui di sua madre, che ai suoi occhi ha sempre incarnato la severa autorità e il senso del dovere.