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Coco Chanel era una spia nazista: documentario choc sulla sua doppia vita

Coco Chanel, la fondatrice della famosa maison francese, era in realtà una spia dei nazisti? Luci e ombre sul mito

Coco Chanel: il suo nome ancora rievoca ancora oggi l’essenza del mito della casa di profumo francese. Ma un documentario nazionale potrebbe svelare scheletri nell’armadio inquietanti della vita della famosa stilista: Mademoiselle Coco Chanel è stata una spia al servizio dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale?

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Il documentario ne è certo e ha rivelato anche il suo nome in codice all’interno dell’ Abwehr, i servizi segreti che facevano capo ad Adolf Hitler. Chanel si faceva chiamare Westminster, un collegamento con la sua relazione con il Duca di Westminster. Cosa c’è di vero? Quali sono le prove di questa tesi scioccante? Nel racconto reso pubblico si svelano alcuni retroscena misteriosi della sua vita privata: Chanel sarebbe tornata a Parigi nel 1940, dopo il crollo dell’esercito francese, e si sarebbe trasferita al Ritz Hotel, che all’epoca era considerato il quartier generale dell’aviazione militare tedesca. Qui intraprese una relazione con il barone Hans Gunther von Dincklage, uno degli alti ufficiali della Gestapo tedesca. Sarebbe stato proprio lui ad introdurla nei servizi segreti come spia: pare anche che nel 1943 fu inviata perfino a Madrid per cercare di mediare con Winston Churchill una tregua all’apparenza impossibile. I nazisti volevano puntare sulle sue conoscenze ma la spedizione fallì. Si narra anche che Coco Chanel tentò tramite i suoi agganci diretti nelle alte sfere naziste, di riappropriarsi del business del profumo che aveva venduto nel 1924 ad una famiglia ebrea, facendo appello alle leggi razziali che impedivano agli ebrei di essere proprietarie di imprese di qualsiasi tipo. Anche questo tentativo però non si concretizzò perché la famiglia ebrea aveva già provveduto a vendere la quota di partecipazione all’azienda ad un facoltoso uomo d’affari tedesco evitando così la confisca dei beni. Di certo questa teoria, qualora si rivelasse fondata, cambierebbe non di poco l’immagine che l’opinione pubblica ha di questo mito della moda francese.

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