Omosessualità e genetica: studio Usa dimostra l’ereditarietà parziale
Lo psicologo Michael Bailey ha dimostrato che parte dell'omosessualità è decisa dai geni. Ma tanti sono ancora i punti interrogativi
L’omosessualità sarebbe influenzata dai geni, almeno in parte. La Northwestern University di New York ha presentato nei giorni scorsi al meeting annuale dell’American Association for the Advancement of Science uno studio che potrebbe cambiare la “percezione” dei gay.
Dalla ricerca guidata dallo psicologo Michael Bailey si evince che l’orientamento sessuale dipende dalla natura al 30-40% e che, in sostanza, in questa percentuale, sarebbe ereditato proprio come il colore degli occhi.
La studio – Lo psicologo ha condotto la ricerca su un campione di 400 omosessuali e la sua conclusione è che almeno due geni influenzano la tendenza, uno nella regione Xq28 (un marcatore genetico del cromosoma X) e l’altro nel cromosoma 8. Questi geni – sostiene Bailey – vengono passati dalle madri ai figli, e sarebbero sopravvissuti all’evoluzione perché rendono le donne più fertili.
L’avvertenza di Bailey – La sua scoperta, di fatti, non spiega completamente il fenomeno ed anche lo psicologo ha tenuto a precisare che “la tendenza sessuale non ha nulla a che vedere con la scelta. I nostri risultati dimostrano che potrebbero essere coinvolti dei geni. Abbiamo trovato le prove per almeno due di loro, che influenzano se un uomo è gay o etero. Lo studio – sottolinea Bailey – non è completamente determinativo, perché anche altri elementi hanno un impatto”. Infatti, dallo studio si evince che solo per il 30-40% i geni agiscono sull’orientamento sessuale e che altri fattori giocano un ruolo decisivo come quelli ambientali e il livello di ormoni durante la gravidanza. In sostanza, per Bailey, la natura ha un effetto determinante.
Gli studi passati – Il tema omosessualità-genetica è discusso da anni e tante sono state le polemiche. Già nel 1993, Dean Hamer dello Us National Cancer Institute aveva indagato le storie famigliari di 100 omosessuali ed era arrivato ad una conclusione molto vicina a quella di Bailey. La loro tendenza era, per Hamer, scritta almeno in parte nel cromosoma X. Oltre il 10% dei fratelli omosessuali la condividevano, contro il 3% della popolazione generale. Un’altra ricerca successiva, base dello studio dello psicologo di New York, dimostrò invece che 33 di 40 omosessuali studiati avevano ereditato marker genetici simili nella regione Xq28 del cromosoma X.
Le polemiche – Già allora, polemiche e studi cercarono di confutare le tesi di Hamer e le successive ricerche sul discusso binomio omosessualità-genetica. Un team di scienziati dimostrò per esempio come tra fratelli gemelli fosse frequente che uno fosse gay e l’altro etero. Per i scettici, se queste persone che condividevano il Dna avevano inclinazioni sessuali diverse, il modo in cui erano cresciute era stato più importante nel definire le loro differenze, rispetto alla natura.
Il messaggio – “Se l’omosessualità è nei geni – scrive il giornalista Paolo Mastrolilli su La Stampa -, e viene ereditata come i capelli biondi o gli occhi castani, cade ogni pretesa di attribuirla alla scelta delle persone, e quindi discriminarla come peccato o comportamento immorale e innaturale”.
Se però questa ricerca fosse confermata, potrebbe dare adito a tutti coloro che stupidamente sostengono sia una malattia? In questo caso una malattia ereditaria? Per i sessualmente “diversi” non c’è pace.