Pensioni quota 100 ultime notizie, come cambia la misura dopo il 2021
Cosa succede dopo il 2021 con la fine delle pensioni quota 100? Ecco le possibilità
Pensioni quota 100 ultime notizie, come cambia la misura dopo il 2021? Come sappiamo, il 31 dicembre 2021 è la data fissata per il termine della sperimentazione triennale relativa a quota 100. Ma cosa succede dopo? Ciò su cui si sta ragionando è la possibilità di trovare una soluzione per evitare lo scalone di 5 anni. Chi infatti non raggiunge i requisiti entro quella data, ma solo pochi mesi dopo, si ritroverebbe a dover attendere anche 5 anni per poter andare in pensione. Per il momento la quota 100 non ha subito alcuna modifica. I requisiti per l’uscita anticipata continuano ad essere 62 anni di età e 38 di contributi. I dipendenti privati hanno a disposizione finestre di uscita trimestrali, mentre quelli pubblici semestrali. I lavoratori della scuola hanno invece una finestra annuale. Scopriamo perciò quali sono le ultime notizie e cosa succederà dopo il 2020 per quanto riguarda le pensioni quota 100.
Pensioni quota 100 ultime notizie, cosa succede al termine della sperimentazione?
Il Governo ha già annunciato che, sebbene non ci sia stata una riforma delle pensioni per il 2020, si ripartirà a considerare il da farsi già dal mese di gennaio. Sono dunque previsti incontri tra il Governo e le parti sociali. Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, ha fatto sapere che ci sono le intenzioni di superare la Legge Fornero per rendere maggiormente flessibile l’uscita dei lavoratori. Inoltre si è tornato a parlare di quota 41. Ciò che si vuole evitare, come vi abbiamo anticipato, è lo scalone di 5 anni a partire dal 2022 che risulterebbe essere non equo per i lavoratori. La quota 100 dunque andrà sicuramente a esaurirsi con la sua scadenza e bisogna trovare un modo per aggiungere flessibilità in uscita senza dover aspettare i 67 anni.
Tra le possibilità dunque potrebbe esserci la quota 41 per tutti. In questo caso si potrebbe garantire l’uscita dal lavoro al raggiungimento dei 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. Anche questa soluzione però presenta delle criticità. Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha parlato dell’importanza di inserire coefficienti di gravosità per quel che concerne i lavori effettuati. E’ giusto che chi fa un lavoro gravoso, usurante, possa andare in pensione prima.
Dunque la questione è molto complessa e articolata e non basta una misura a risolvere la situazione. E’ importante considerare moltissimi aspetti per cercare di mettere mano alle pensioni in maniera giusta e equa per tutti i cittadini. Anche le donne sono tra le più penalizzate, per le quali sarebbe necessario il riconoscimento del lavoro di cura svolto per accudire i propri figli.