Alessia Pifferi la mamma assassina della piccola Diana era capace di intendere e volere
Alessia Pifferi capace di intendere e di volere: arriva la perizia e adesso la mamma della piccola Diana morta due anni fa a Milano, rischia l'ergastolo
Da due anni la sorella di Alessia Pifferi si batte nelle aule di tribunale per avere giustizia per la sua nipotina. Da due anni la storia di Alessia Pifferi divide l’opinione pubblica italiana: incapace di rendersi conto di quello che faceva o mamma lucidissima e spietata, capace di lasciare la sua bambina da sola per una settimana, per passare quel tempo con l’uomo che frequentava? Capace di rendersi conto che una bambina non poteva stare da sola, per tutto quel tempo oppure no? Della mamma che ha condannato con le sue azioni la piccola Diana alla morte, si è parlato moltissimo ma non tutti riescono a vederla nello stesso modo. Oggi però le parole che contano, le mettono nero su bianco i periti. Era capace di intendere e di volere Alessia Pifferi, la 38enne che nel luglio 2022 ha lasciato morire di stenti la figlia Diana di meno di un anno e mezzo, abbandonandola da sola in casa per sei giorni.
Lo ha stabilito la perizia psichiatrica firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, depositata e disposta dalla Corte d’Assise di Milano nel processo per omicidio volontario aggravato.
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Alessia Pifferi capace di intendere e volere
Il suo essere pienamente capace di intendere e volere le toglie dunque la possibilità di poter contare su questa specifica riduzione di pena in caso di condanna per un reato che, per come è attualmente contestato dalla Procura (omicidio volontario aggravato) può comportare l’ergastolo. Era stata anche l’avvocatessa di Alessia Pifferi a insistere su questa perizia, convinta, dopo aver conosciuto la mamma della piccola Diana, di aver di fronte una donna che non aveva idea di quello che poteva accadere a sua figlia. Eppure Alessia Pifferi era in grado di organizzare viaggi, di muoversi in autonomia, di fingere persino di aver battezzato la piccola pur di avere i regali per una occasione che non c’era mai stata. Non solo, nel corso di queste indagini, le testimonianza del personale del 118 avevano anche messo in evidenza come Alessia Pifferi, non abbia raccontato neppure la verità una volta chiamati i soccorsi. Non ha subito detto che sua figlia era rimasta da sola per una settimana, ha parlato di una baby sitter inesistente. Dunque neppure un pentimento dopo la morte della bambina.
Tutte circostanze che a molti facevano credere che Alessia Pifferi non si rendesse conto di quello che era successo alla bambina. E invece sono forse aspetti che fanno luce su come la donna, abbia cercato anche di depistare, allontanando da lei le colpe. La difesa di Alessia Pifferi ha sempre spinto per dimostrare che la donna non riuscisse a comprendere i bisogni degli altri e che per questo motivo, la donna aveva lasciato la piccola Diana sola. Un deficit di sviluppo intellettivo di grado moderato che però oggi, a detta dello psichiatra forense Pirfo, non cambia nulla. La Pifferi era capace di intendere e volere.
Cosa rischia quindi oggi Alessia Pifferi? Oggi il rischio è che l’imputazione di omicidio volontario, possa essere appesantita dalle tre aggravanti dell’aver agito nell’ambito del rapporto genitoriale, per futili e abietti motivi, e con premeditazione, e che possa determinare una condanna all’ergastolo.