La dottoressa violentata a Catania parla a Mattino Cinque: sconvolta e umiliata
La dottoressa violentata a Catania parla a Mattino Cinque: sconvolta e umiliata. Le ultime notizie
Per la prima volta sentiamo dalla voce della dottoressa violentata a Catania quelli che sono i suoi sentimenti oggi, dopo il fatto accaduto. Una sera come tante, purtroppo, si è trasformata per la dottoressa di turno alla guardia medica, in un incubo. Ha aperto la porta al suo aguzzino che ha approfittato di lei per ore interminabili fino a quando la donna coraggiosamente non ha provato a scappare per chiedere aiuto e le sue urla sono state sentite da un vicino che ha immediatamente chiamato i soccorsi. Oggi la dottoressa può raccontare con la sua voce quanto accaduto e lo fa con la sua voce in una intervista telefonica a Mattino Cinque. Poteva finire anche in un altro modo, questo la dottoressa lo ha raccontato alle sue colleghe che in questi giorni si sono fatte portavoce della sua paura.
A MATTINO CINQUE PARLA LA DOTTORESSA VIOLENTATA A CATANIA: UMILIATA, SCONVOLTA MA PRONTA A LOTTARE
“Sono profondamente sconvolta come donna e professionista, quasi umiliata, ma lotterò”. La donna è stata aggredita da un uomo di 26 anni, Alfio Cardillo, in carcere. Lo stupratore aveva bevuto e mescolato alcol e antinfiammatori. La dottoressa, 51 anni, è combattiva e non è ancora stata interrogata dai Carabinieri, ma la sua testimonianza è toccante e spinge i colleghi a denunciare la situazione nella quale si trovano ad operare: “Siamo lasciati soli a noi stessi, facciamo entrare gente nella Guardia Medica e quando chiudiamo quella porta non sappiamo cosa può accadere”. In questi giorni le colleghe della dottoressa hanno spiegato ai giornalisti che le misure di sicurezza non servono a nulla perchè le porte, a chi chiede aiuto di notte, vanno necessariamente aperte. Chiedono che ci siano altre misure di sicurezza denunciando una situazione che si fa sempre più pericolosa. E la dottoressa aggiunge: “ Abbiamo delle telecamere a circuito chiuso, sono ridicole, servono solo ad avere delle prove se è successo un delitto. Basterebbe collegarle a un sistema di sorveglianza, cosa che abbiamo chiesto implorando e che non ci è stata data. Tornare a fare il mio lavoro? Forse, ma al momento non so dare una risposta”.