Morto Ciro Esposito, il tifoso napoletano non ce la fa
Finisce nel peggiore dei modi il triste capitolo della finale di Coppa Italia (3 maggio 2014): è morto questa mattina Ciro Esposito, il tifoso napoletano ferito in via Tor di Quinto a Roma
Ciro Esposito è morto: il tifoso napoletano ferito negli scontri in via Tor di Quinto a Roma non ce l’ha fatta. Già da ieri circolava la notizia del coma irreversibile. Questa mattina la conferma del decesso, avvenuto al Policlinico Gemelli dove il giovane tifoso napoletano era ricoverato da circa 50 giorni. Lo ha confermato la famiglia in un comunicato stampa: il giovane si è spento intorno alle ore sei di questa mattina.
CIRO ESPOSITO NON CE L’HA FATTA: DOPO IL COMA IRREVERSIBILE IL DECESSO
I familiari chiedono di fermare in suo nome la violenza negli stadi. Quando si parla di fallimento del calcio italiano oggi, molti penseranno alla sconfitta di ieri con l’Uruguay ai Mondiali ma questa notizia ci riporta indietro al 3 maggio, a quella scandalosa notte della finale di Coppa Italia.
Perché il vero fallimento del calcio italiano è la violenza negli stadi.
FINALE DI COPPA ITALIA, COSA E’ SUCCESSO A ROMA
La mamma di Ciro chiede anche giustizia per il figlio morto, scrive “per salvare gli altri” (ovvero le famiglie napoletano che viaggiavano a bordo del pullman diretto allo stadio Olimpico). Le persone vicino alla vittima sono infatti certe che Daniele De Santis non ha potuto agire da solo e quindi esortano le istituzioni a fare la loro parte consegnando alla giustizia i suoi complici. E la giustizia chiesta passa anche per il riconoscimento delle responsabilità di chi, tra le forze dell’ordine, non ha gestito bene la questione della gestione dell’ordine pubblico “innanzitutto il prefetto di Roma che non ha tutelato l’incolumità dei tifosi napoletani”. Chi ha sbagliato dunque, a qualsiasi livello, deve pagare anche se la madre è consapevole che neppure questo potrà riportare in vita Ciro. La rabbia è tanta in queste parole, tanto che, precisano, la presenze delle istituzioni che in questi 50 giorni si sono nascoste, oggi non è gradita. Ma la madre assicura che quello che cercano è giustizia e non vendetta.