Cannabis, appello di Veronesi: sì alla legalizzazione. Ecco le motivazioni
Umberto Veronesi riapre il dibattito sulla liberalizzazione/legalizzazione della cannabis. Il suo appello è appoggiato da molti ma c'è ancora chi si oppene
A riaprire il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere, nella fattispecie della cannabis, è il direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia, Umberto Veronesi. Il suo appello, redatto per le pagine di Repubblica è emblematico e spacca l’Italia in due, tra favorevoli e “conservator-contrari”.
Alla luce dell’incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi, Umberto Veronesi ha scritto: “Vorrei che si riaprisse anche in Italia il dibattito per la liberalizzazione delle droghe leggere. È arrivato il momento di superare le barriere ideologiche e ammettere che proibire non serve a ridurre il consumo […]. Si stima che circa il 50% dei nostri giovani faccia uso di cannabis, oltre a molti adulti. Significa che metà dei giovani italiani è criminale? Se fosse così, ci sarebbe un motivo in più per ritenere la Fini-Giovanardi un totale fallimento. Mettere sullo stesso piano droghe leggere e pesanti è antiscientifico“.
La domanda – “Lo spinello – spiega il chirurgo – è considerato dai giovani una droga “ludica” ed innocua e vietarlo serve solo a stimolare la loro propensione alla trasgressione. Ben diverso è il contesto di chi affonda nell’eroina fino a rischiare la vita. E se anche pensiamo che la cannabis sia l’anticamera di sostanze più pericolose, davvero crediamo che penalizzando il possesso di una dose possiamo interrompere la spirale di angoscia esistenziale che porta al baratro mortale della droga pesante?”
Le esperienze degli altri Paesi – Ad un certo punto, Umberto Veronesi parla delle esperienze europee sul tema legalizzazione e afferma: “Le esperienze di paesi europei come la Svizzera, l’Olanda e recentemente il Portogallo, che hanno adottato politiche di liberalizzazione nei confronti della droga, parlano chiaro: se liberalizziamo la droga, non ne aumentiamo l’uso, riduciamo invece la mortalità da overdose e la criminalità collegato alla produzione e allo spaccio. Secondo molti esperti la liberalizzazione estesa metterebbe in ginocchio i grandi trafficanti e le economie che si basano sul narcotraffico come quella talebana in Afganistan e quella colombiana in Sud America. Da noi, la mafia”.
Il monito e l’appello – “Se proibire è deleterio, legalizzare non basta. Bisogna educare – sottolinea Veronesi – e trasmettere il principio non che la droga è illegale, ma che ha un valore socialmente e individualmente negativo, informando tutti, a partire dalle scuole, sui rischi reali per la salute. Basta con le demonizzazioni quindi. È anche il momento per ridare alla cannabis lo spazio che merita nella cura del dolore. Già molte regioni hanno reso accessibile la cannabis ad uso terapeutico. È assurdo, per il resto del Paese, rinunciare ad un potente antidolorifico solo perché ha la “colpa” di essere anche una sostanza stupefacente. Il dolore – conclude – è il più grande nemico dei malati, annienta la loro dignità, spegne le loro energia e la volontà di combattere. Il dolore va affrontato con ogni mezzo a nostra disposizione. Anche con la cannabis.
La reazioni – Un appello “perfetto”. Luigi Manconi (Pd), presidente della commissione diritti umani al Senato è completamente d’accordo con Veronesi. Manconi, ricordiamo, ha presentato un ddl per la coltivazione e la cessione della cannabis: “Non condivido solo quel maledetto termine, liberalizzazione, che in 40 anni non siamo riusciti a mettere da parte a favore di quello giusto, legalizzazione. Non è una disputa linguistica – precisa il senatore – sostengo infatti che il regime oggi vigente in Italia sia proprio la liberalizzazione. Chiunque, a qualunque ora e in qualunque città può acquistare qualunque droga nell’estesa rete di esercizi commerciali illegali, cioè gli spacciatori. All’opposto, vorrei un regime di legalizzazione uguale a quello a cui sono sottoposte sostanze oggi legali e il cui abuso produce più danni di quanti produca l’abuso dei derivati della cannabis. Dunque sì alla produzione e commercializzazione a carico dello Stato, con adeguata tassazione, limiti e vincoli”. Stessi concetti sono espressi da Mario Staderini dei Radicali italiani: “Aumento dei consumatori, moltiplicazione dei rischi per la salute, crescita del fatturato delle mafie, carcerazioni di massa. Sono questi i risultati fallimentari delle politiche proibizioniste. A dettare legge è la criminalità organizzata che ci guadagna oltre 30 miliardi di euro l’anno. Con la legalizzazione, sarebbe lo Stato a dettare le regole”. E ancora “è giusto riaprire il dibattito perché il proibizionismo ha portato all’aumento del consumo soprattutto di cannabis. Noi – afferma Leopoldo Grosso, vicepresidente del Gruppo Abele – siamo per una legalizzazione controllata, non per una liberalizzazione indiscriminata, che rischi di coinvolgere anche i minori. La legalizzazione consente di dare un colpo alle mafie e di fare uscire dalla illegalità centinaia di migliaia di giovani. Le droghe leggere non sono l’anticamera di quelle pesanti. Il dato di realtà è diverso: solo il 10% dei consumatori di cannabis diventa consumatore problematico di quella stessa sostanza”.
C’è chi dice no – Carlo Giovanardi, senatore del Nuovo Centro Destra conferma invece il suo pensiero: “Paolo Borsellino, prima di essere assassinato dalla mafia, spiegava ai ragazzi che la liberalizzazione o la legalizzazione della droga sarebbe stato il più grande regalo fatto alla criminalità organizzata. Due settimane fa il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ha ribadito che la liberalizzazione della cannabis non toglie spazio alle mafie”. Posizione analoga quella di Elisabetta Bertol, tossicologa forense italiana che ritiene la cannabis una droga tutt’altro che leggera. A dire no, anche le comunità di recupero. Antonio Boschini, responsabile terapeutico della comunità di San Patrignano afferma: “Ovvio che non tutte le persone che usano cannabis poi passino a droghe più pesanti, ma è vero il contrario, tutte le persone che usano droghe pesanti sono partite da quelle leggere. Che restano, dunque, un fattore di rischio. E poi, per togliere ossigeno alle mafie, dovresti legalizzare tutte le droghe senza distinzione”.
L’esperienza – Concludiamo ancora con Veronesi, in risposta ai “no” che sempre si opporranno alla legalizzazione: “Cito sempre l’esperienza americana degli anni ’20: in soli tredici anni di divieto di consumo di alcol fiorirono in maniera esponenziale il consumo clandestino, il mercato nero gestito da bande criminali e il costo dell’alcol che faceva da volano alla criminalità. Si calcola che la mafia incassi per la droga circa 60 miliardi di euro ogni anno”.
Peccato che quelli che dicono che la liberalizzazione della cannabis non toglie spazio alle mafie non ne spieghino il motivo.