Napoli, Ikea condannata per una cucina pericolosa
La multinazionale svedese, Ikea, è stata condannata per vendita di cucina pericolosa. La sentenza arriva dopo quattro anni
Arriva come un secchio d’acqua congelata la sentenza emessa a opera del Tribunale di Napoli ai danni della multinazionale svedese, Ikea. A quanto pare sembra che l’azienda debba risarcire un cliente per l’acquisto di una cucina, risultata difettosa. Tutto risale a quattro anni fa, quando il cliente aveva comprato la cucina modello «Applad», presso Ikea. Il cliente, accortosi del malfunzionamento del prodotto, ha fatto ricorso contro l’azienda svedese, ricevendo così un importo pari a 5190 euro. Questo per volere del giudice monocratico, Michele Caccese, il quale ha accolto il suo ricorso. Dichiarazioni molto importanti, infatti, sono state quelle del cliente il quale ha raccontato che il fornello, fin dal primo uso, ha accennato a un principio di incendio. Insomma, il tutto è apparso dall’inizio poco rassicurante. L’ingegnere Pasquale Vetrano, sotto disposizione del Tribunale, aveva avviato, intato, una peripezia in cui è venuto fuori che il fornello in questione, in laminato melamminico, è stato realizzato con materiale non ignifugo. In poche parole si tratta di un materiale combustibile infiammabile. “Nella stessa scheda tecnica del prodotto, sul sito internet della Ikea, risulta evidenziata l’avvertenza di non utilizzare la cucina con un piano di cottura a gas“, aveva riferito il consulente.
La multinazionale svedese Ikea, con il volere del giudice Caccese, ha accolto la doppia richiesta, che era stata avanzata anche da parte dell’avvocato Maria Rosaria Del Regno. Risultato della sentenza: risoluzione del contratto e restituzione dei 5190 euro spesi per l’acquisto. Secondo Caccese, infatti, “non è consentito in questione a ridosso del piano di cottura della cucina dotata di alimentazione dei fuochi a gas”. Tutto è bene quel che finisce bene. Per fortuna, il cliente non ha subito danno gravi, di nessun genere. Nonostante la vicenda risale a quattro anni fa, come accennato prima, la sentenza è arrivata soltanto ora. Ma come si dice: meglio tardi che mai.