Cannabis, rischio illegittimità per la Fini-Giovanardi
A rischio illegittimità la legge Fini-Giovanardi che equipara le droghe pesanti alle droghe leggere. Con lo stop della legge, fuori 10.000 detenuti
Quest’oggi si deciderà delle sorti di una delle leggi più discusse degli ultimi tempi. La Fini-Giovanardi passerà al vaglio della Corte Costituzionale e potrebbe essere dichiarata illegittima. Una svolta dettata non tanto per l’opinabilità della legge stessa, quanto per la sua natura. Inoltre, potrebbe ovviare il problema del sovraffollamento delle carceri.
Tuttavia, sull’incostituzionalità della Fini-Giovanardi, a sorpresa, ieri è intervenuto il presidente emerito della Corte costituzionale ed ex Guardasigilli Giovanni Maria Flick, spiegando le ragioni per cui la Consulta dovrebbe ritenerla illegittima: abusando delle prerogative della legge di conversione, la legge violerebbe l’articolo 77 della Costituzione che regola i decreti-legge.
Fabrizia Bagozzi di Europa, spiega bene quanto accaduto: “Occorre tornare al 2006, alle ultime settimane della legislatura. In parlamento si discuteva appunto la conversione in legge del decreto che il governo aveva varato per le Olimpiadi ma nel quale entrò un po’ di tutto. Inclusa una piccola correzione alla legge Cirielli con la quale si tornavano a consentire, in alternativa al carcere, i benefici e l’ingresso in comunità per gli spacciatori tossicodipendenti recidivi. Agganciandosi a questa norma – racconta la giornalista – gli allora vicepremier Gianfranco Fini e sottosegretario alla presidenza del consiglio Carlo Giovanardi riuscirono con un blitz a infilare nel decreto un maxiemendamento di 23 articoli che modificava profondamente la normativa sulle droghe (la ex Iervolino-Vassalli) introducendo l’equiparazione fra droghe leggere e droghe pesanti, sanzioni incluse (pene equivalenti, da 6 a 20 anni, per il piccolo spacciatore tossicodipendente e il narcotrafficcante)”.
Di fatti, come sostiene il presidente emerito della Corte costituzionale, “la materia della droga non presentava alcuna interconnessione con le disposizioni del decreto legge e, stravolgendo la disciplina penale sugli stupefacenti, nella fase di conversione il legislatore non si è limitato a ricomporre e rimodulare in modo diverso gli oggetti normativi del decreto legge, ma ha introdotto un prodotto normativo del tutto nuovo, al di fuori di qualsiasi rispetto dei limiti costituzionali del proprio compito”.
Per questo motivo, la Consulta potrebbe realmente pronunciare per illegittimità e questo, non produrrebbe un vuoto normativo, ma la riapplicazione della Jervolino-Vassalli.
La legge Jervolino-Vassalli – Legge n. 162 del 1990 sull’uso, la produzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti (droghe) specifica che, per quanto riguarda l’uso personale, esso viene considerato illecito sia che si tratti di droghe “leggere” (marijuana, hashish) sia “pesanti” (cocaina, eroina) e quindi punibile. Le sanzioni sono soprattutto di tipo amministrativo, dato che consistono in provvedimenti del prefetto, come la sospensione della patente, del porto d’armi e del passaporto, per un periodo non superiore a tre mesi. Prima di applicare queste misure, il prefetto può (per una sola volta) avvertire la persona della gravità del suo comportamento e invitare a cessarlo. Se, però, il richiamo e le sanzioni amministrative non ottengono risultati e l’individuo viene trovato in possesso di sostanze stupefacenti per più di due volte, allora deve intervenire l’autorità giudiziaria, che può imporre di non allontanarsi dal Comune e di presentarsi periodicamente ai carabinieri. Infine, può disporre la carcerazione fino a tre mesi. Assai più gravi sono considerate la produzione e distribuzione (spaccio) delle sostanze stupefacenti, per le quali è prevista la reclusione per periodi distinti secondo che si tratti di droghe leggere o pesanti e che la quantità sia “modica” o, invece, notevole. È intervenuta, in seguito, una sentenza della Corte costituzionale del 1991, nella quale si precisava che la detenzione di una quantità leggermente superiore a quella considerata come “dose media giornaliera” non comportava il reato di spaccio. Con referendum del 1993, infine, si sono abolite in ogni caso le sanzioni penali (il carcere) per l’uso solo personale di droga.
La legge Fini-Giovanardi – L’attuale legge, invece, denominata anche testo unico sulla droga, di fatto equipara tutte le droghe di fronte alla legge, reintroduce il concetto quantitativo per distinguere tra consumo personale e spaccio e punisce chi acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene sostanze stupefacenti che appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale, o per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi (indicati con decreto del Ministro della salute, emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento nazionale per le politiche antidroga), o per modalità di presentazione (avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato), o per altre circostanze dell’azione. La cannabis quindi è trattata come l’eroina e la cocaina e per i reati è prevista la detenzione da 6 a 20 anni (per fatti di lieve entità da 1 a 6 anni). Inutile specificare poi che i livelli accettati per definire l’uso personale siano stati ridotti sproporzionatamente.
Capitolo sovraffollamento – L’eventuale bocciatura della legge Fini-Giovanardi avrebbe conseguenze immediate su circa 10.000 detenuti. Questa è la stima di Stefano Anastasia, presidente della “Società della Ragione”, presente oggi all’udienza pubblica alla Corte Costituzionale. “Gli arrestati per droghe leggere sono il 40% per reati in materia di stupefacenti, dunque – sottolinea Anastasia – possiamo pensare che siano 10.000 quelli che potrebbero beneficiare della bocciatura della legge. Tra questi, non solo chi è in custodia cautelare, ma anche i condannati in via definitiva, che potrebbero chiedere un incidente di esecuzione per la rideterminazione della pena”.
Dal punto di vista processuale – Se la legge venisse dichiarata incostituzionale, in molti procedimenti scatterebbe la prescrizione, dato l’abbassamento delle pene e non sarebbe più possibile fare uso di alcuni strumenti di indagine, quali le intercettazioni. Le condanne inoltre sarebbero più basse anche nel caso di continuazione con altri reati.
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