Attualità Italiana

Omicidio Meredith: ribaltata la sentenza, Knox e Sollecito condannati

Amanda Knox e Raffaele Sollecito condannati (nuovamente) per l'omicidio di Meredith Kercher. 28 anni per lei, 25 per lui. La Corte d'appello ribalta la sentenza

Condannati. L’assoluzione dei due imputati annullata dalla Cassazione (a marzo) e il processo d’appello bis hanno ribaltato la sentenza: Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati condannati per l’omicidio di Meredith Kercher. Lei a 28 anni e 6 mesi, lui a 25 anni. 

La Corte d’appello di Firenze, dopo undici ore di camera di consiglio, ha emesso la sua sentenza disponendo inoltre il ritiro del passaporto per Sollecito. I giudici ritengono che il giovane possa aver sviluppato “rapporti logistici in Paesi con i quali l’Italia non ha trattati d’estradizione”. Proprio ieri pomeriggio, Raffaele Sollecito è stato infatti raggiunto dagli agenti della squadra mobile di Firenze in un paese tra Udine e Tarvisio. Aveva raggiunto il Friuli in prossimità con il confine austriaco. Un tentativo di fuga in piena regola? Tale misura cautelare, invece, non è stata attuata per la Knox, “legittimamente residente negli Stati Uniti” e quindi non sospettata di alcun “tentativo di fuga”. Allo stesso modo, è davvero difficile che la ragazza possa scontare la pena in Italia.

Il legale di Sollecito, Giulia Bongiorno, parla di “sentenza mediatica” e afferma che “questo non è il verdetto finale”. Di fatti, i due ragazzi non andranno in carcere sino ai risultati del ricorso in Cassazione, ultimo tassello di questa brutta storia. Una storia che comincia nel lontano 28 ottobre 2008, quando Amanda e Raffaele vengono imputati per omicidio e violenza sessuale (Meredith fu uccisa nel 2007). Rudy Guedè, che aveva scelto il rito abbreviato, viene accusato in primo grado di omicidio e violenza sessuale e condannato a 30 anni di carcere. Il 16 gennaio 2009 inizia il processo di primo grado a Perugia contro i due ragazzi. Il 4 dicembre 2009, la corte li riconosce colpevoli di omicidio e violenza sessuale, e li condanna rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere. Il 22 dicembre 2009, la corte d’Appello conferma la condanna di Guedè, ma diminuisce la sua pena a 16 anni. Il 24 novembre 2010, inizia il processo di appello di Perugia contro la Knox e Raffaele Sollecito. Il 16 dicembre 2010, la Corte di cassazione conferma la condanna di 16 anni di detenzione per Guedè. Il 29 giugno 2011, un’indagine forense indipendente ordinata dalla corte d’Appello trova che molte delle prove del dna che inchiodano Amanda e Raffaele sono inaffidabili, così, il 4 ottobre 2011 la corte d’Appello d’Assise assolve i due imputati dall’omicidio “per non avere commesso il fatto” e ne dispone la scarcerazione. Ricordiamo che il pg ne aveva chiesto l’ergastolo. Secondo i giudici di secondo grado i “mattoni” su cui si è basata la condanna “sono venuti meno”: c’è una “insussistenza materiale” degli indizi, dalle tracce di Dna all’arma del delitto. E l’ordinamento “non tollera la condanna dell’innocente”. Il 25 marzo 2013 il processo ad Amanda e Raffaele approda in Cassazione. Il pg chiede l’annullamento della sentenza di assoluzione, definita un “raro concentrato di violazioni di legge e di illogicità”. Il 26 marzo 2013, la Suprema corte annulla la sentenza di secondo grado e rinvia alla Corte d’appello di Firenze per un nuovo processo. Il 30 settembre 2013 inizia a Firenze il nuovo processo di appello ed ora, i due sono nuovamente stati condannati, proprio come nel 2009. Una ruota giudiziaria che sembra essere tornata al punto di partenza.

La Suprema Corte, ha di fatti spiegato che “la valutazione osmotica dei vari indizi analizzati” solo singolarmente dalla Corte d’Assise d’Appello di Perugia, “sarà decisiva non solo a dimostrare la presenza dei due imputati nel luogo del delitto, ma a eventualmente delineare la posizione soggettiva dei concorrenti del Guedé, a fronte del ventaglio di situazioni ipotizzabili, che vanno dall’accordo genetico sulla opzione di morte, alla modifica di un programma che contemplava inizialmente solo il coinvolgimento della giovane inglese in un gioco sessuale non condiviso, alla esclusiva forzatura ad un gioco erotico spinto di gruppo, che andò deflagrando sfuggendo al controllo”.

Il “tentativo di fuga” di Sollecito sembra avvalorare la sentenza della Corte d’Appello di Firenze e nonostante i legali dei due ragazzi continuino a dire che non è finita, questa volta, forse, nessuna superperizia penderà dalla loro parte.



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