Fallimento del made in Italy: i casi Valleverde e Sangemini
Anche Sangemini e Valleverde finiscono nella morsa della crisi economica: due storie di grandi marchi italiani che dichiarano fallimento. E a pagare sono i lavoratori
Altre due storie ci raccontano il fallimento del made in Italy. Altri due grandi marchi italiani finiscono nella morsa della crisi. Parliamo nello specifico di acqua e di scarpe.
Il primo marchio è Sangemini: secondo gli ultimi aggiornamenti il gruppo Norda è intenzionato a rilevare la società umbra. I lavoratori dello stabilimento hanno indetto lo sciopero per protesta rispetto i termini del piano industriale che prevede il riassorbimento di soli 50 lavoratori a tempo indeterminato e di 20 a tempo determinato, rispetto ai 136 attualmente impiegati. I dati parlano chiaro: nel 2012 la quota di mercato di Sangemini (che controlla anche Acqua Fabia) è passata dal 2,7 all’1,7%. Nell’ultimo triennio Sangemini spa ha perso circa 70 milioni e il fatturato è crollato a 45 milioni (da 51). Il risultato è un patrimonio netto negativo di circa cinquanta milioni. L’altro caso nazionale riguarda Valleverde, il famoso marchio di scarpe. In diverse città del nord (in particolare nelle province di Brescia, Mantova, Milano, Rimini) oltre che a Roma sono scattate perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici dei vertici presenti e passati del calzaturificio. Per la Valleverde Srl il fallimento è stato chiesto per il 19 gennaio. Anche in questo caso i dipendenti (circa 130) stanno protestando anche se, secondo quanto dichiarato da Gdf e Procura, questi ultimi potrebbero aver ricevuto informazioni fuorvianti e potrebbero quindi essere stati strumentalizzati. Intanto ben sette imprenditori sono stati iscritti dal pm Luca Bertuzzi nel registro degli indagati per bancarotta. Tra questi c’è Armando Arcangeli, il fondatore dell’originaria Valleverde Spa nonché ideatore del motto storico del brand «camminare in una Valleverde». Secondo la ricostruzione della GdF le denunce della nuova gestione contro la vecchia sono artificiose e nascondo accordi segreti per comuni interessi. Intanto a pagare le conseguenze sono i lavoratori e il made in Italy.