Attualità Italiana

Addio a Marcello D’Orta: in una lettera scrisse di avere il tumore a causa dei rifiuti

Marcello D'Orta, maestro-scrittore napoletano è morto oggi. Nella sua ultima lettera scrisse che la causa del suo tumore è stata la camorra

Addio a Marcello D’Orta. Il maestro-scrittore morto quest’oggi dopo la sua lunga e travagliata lotta al cancro. «Il Paradiso me lo immagino come un grande vicolo di Napoli. Però con il mare e pieno di sole». E’ così che lo descrive nella sua ultima opera “Cuore di Napoli”, il Paradiso.  La scrittura era per lui un modo per sconfiggere giorno per giorno il male che lo stava divorando da tempo. Non ha mai abbandonato la penna D’Orta. La sua passione per la narrativa, vissuta come un rifugio dal cancro, lo ha accompagnato fino alla fine dei suoi giorni. D’Orta da sempre ha lottato per far trasparire un’immagine bella della sua città, Napoli. Un posto dove, la camorra e altri mali non potranno mai distruggere i sogni e le idee di chi nutre ancora delle sperenze che un giorno magari le cose possano cambiare. D’Orta aveva recentemente dichiarato che il tumore che lo stava distruggendo in qualche modo era da ricollegarsi al problema dei rifiuti che interessava la città di Napoli: “Quando, qualche mese fa, mi fu diagnosticato un tumore, la prima cosa che ho pensato è stata la monnezza. È colpa, è quasi certamente colpa della monnezza se ho il cancro”. Questo è quello che scrisse D’Orta nella sua lettera al Giornale, prima di morire.  D’Orta, infatti, non aveva alcun vizio: non fumava, né beveva, mangiava regolarmente. “A chi devo dire grazie? Certamente alla camorra”, scrive D’Orta. L’emergenza rifiuti che dilaniano l’intera città, infatti, non è altro che la conseguenza della presenza del clan cammorristo che ostacola il loro smaltimento, corrompendo, tra l’altro gli stessi funzionari.
Scrive ancora il maestro: “Da noi la monnezza ha dimensioni ciclopiche. È stato calcolato che messi in fila, i sacchetti dell’immondizia arrivano da Napoli a Mosca, coprono 17 campi di calcio, riempiono 12 Empire State Building. La scrittura è la mia vita. Quella che l’anno scorso stava per lasciarmi. Basterà? Credo di sì. Perché per la malattia fisica possono, quando possono, qualcosa i medicinali. Per il male dell’anima la scrittura può essere un ottimo farmaco”.



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