Lampedusa, i più poveri rinchiusi nella stiva: morti come topi
Uno dei pescatori sul posto al momento del naufragio avrebbe riferito che non tutti i soccorritori si impegnavano a salvare vite e che sullo scafo vi erano differenze di trattamento in base al denato sborsato
Sbarchi a Lampedusa. “La gente moriva e la Guardia costiera faceva delle riprese video invece di impegnare tutte le forze nel salvare vite”. Sarebbe questa l’accusa di uno dei pescatori sul posto del naufragio. Pare, inoltre, che nel viaggio verso la morte anche tra i più disperati vi siano delle differenze di trattamento. Il posto sull’imbarcazione a bordo della quale si viaggia, infatti, cambia in base a quanto si è disposti a pagare. C’era chi aveva pagato meno dollari al capo degli scafisti, il cosiddetto “The Doctor”. Con 500 dollari si stava sul ponte. A raccontare la vicenda sono i sopravvissuti. Al momento si contano 111 morti, somali ed eritrei:58 uomini, 49 donne 2 bambine e due bambini in età compresa tra uno e 6 anni. A perdere la vita sono state quasi tutte donne. Tra i 155 sopravvissuti, infatti, vi sono solo 4 donne.
Ad essere indagato è lo scafista. Potrebbe trattarsi di un 35enne tunisino. L’uomo era stato identificato e bloccato al suo sbarco sull’isola perché sospettato di essere lo scafista. Il sospettato è stato interrogato venerdì e ha deciso non avvalersi della facoltà di non rispondere, e di dare invece la sua versione dei fatti. Nel frattempo, si attendono altre testimonianze di sopravvissuti al naufragio. Qualcuno ha riferito che tra i soccorritori vi era chi non faceva nulla: “La gente moriva e qualcuno riprendeva. Noi eravamo in otto sulla mia barca e ci siamo sbracciati per cercare di salvare quante più persone potevamo. Ne abbiamo portate in salvo 47. Ho visto su tutti i siti internet il video della Capitaneria di porto che riprendeva un salvataggio. Mi chiedo perché facevano riprese invece di salvare la gente?”.